lunedì 7 settembre 2009

Cronaca di un imbroglio in via Guiglia.

Ho ricevuto da Marino Cassini questo contributo storico, la ricostruzione della figura di Guiglia, un medico a cui hanno intitolato un vicolo del nostro borgo, un vicolo forse tra i più stretti e tortuosi......adesso ho capito il perchè.
Ancora una volta il manoscritto di memorie di Gio Antonio Cane ordinate al figlio Francesco, si è rivelato una fonte importante per raccontare una parte della nostra storia locale in un contesto storico molto più ampio, come ad esempio in questo caso l'applicazione di alcune leggi napoleoniche..........
Grazie Marino per aver ancora una volta contribuito a raccontare la storia di questo piccolo paese.........
Sono questi i contributi importanti, sono queste le persone che amano Isolabona.
Ancora una volta mi viene voglia di gridare che senza ricordare la nostra storia con i loro personaggi non possiamo costruire un futuro.
Sarà anche retorica la mia, ma ognuno di noi dovrebbe avere un compito, chi dovrebbe fare il politico, chi l'organizzatore, chi lo storico, chi il comunicatore ecc ecc........come sono convinta che siano finiti i tempi del tuttologo........

L'immagine riprende il manoscritto di Gio Antonio Cane


CRONACA DI UN IMBROGLIO
in Via Guiglia

Di Marino Cassini

Il turista che, uscendo dalla Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Maddalena, vuole visitare i carruggi del paese, trova subito alla sua destra una stretta viuzza, Via Guiglia, che si immerge tra le case e che per tutta la sua lunghezza non riesce a ricevere la luce del sole in quanto si snoda sotto le volte delle case addossate le une altre. E se, percorrendola, si chiede chi sia il personaggio che diede il nome alla tetra viuzza, pur domandandolo ai vecchi residenti, scommetto che non otterrà risposta alcuna.
Spesso mi sono anch’io domandato chi fosse quel Carneade e solo di recente l’ho scoperto leggendo il manoscritto (custodito nella Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia) Memorie di Isolabona di Francesco Cane, (figlio di Gio Antonio Cane, anche lui autore di memorie isolesi),.
Del Guiglia si trovano notizie nelle carte manoscritte (dal foglio 20 al foglio 30). In esse si parla diffusamente di intrallazzi per la compravendita di terreni appartenenti alla Chiesa avvenuti nel periodo napoleonico ad opera di tre persone: Medico Guiglia, Giambattista o Giobatta Garin e Gerolamo Bosio i quali con raggiri convinsero Gio Antonio Cane, padre di Francesco, e altri membri appartenenti al Consiglio di Amministrazione della Parrocchia, a firmare carte che poi usarono a loro beneficio per privare la Chiesa di terre e di beni.
Durante il periodo napoleonico, a seguito di una legge che prevedeva la confisca dei beni ecclesiastici, anche i beni della Parrocchia di Isola vennero confiscati e le pratiche passarono nel 1798 al tribunale di Nizza. Nel 1809 il Tribunale mise all’asta le terre confiscate.
Si trattava di 38 appezzamenti di terreni dei quali non era specificata né la metratura né l’ubicazione. In realtà gli appezzamenti confiscati alla chiesa di Isolabona erano 78, ma all’incanto vennero messi solo “38 pezzi”.
Letto il bando di vendita, Medico Guiglia e Giambattista Garin, amministratori comunali, ricevettero l’incarico dal Comune di Isolabona di partecipare all’asta. Il comune diede loro dieci Luigi d’oro per le spese con la clausola che, dopo l’acquisto, le terre venissero riconsegnate alla Chiesa (vedi carta 23). Al loro ritorno i due riferirono di non aver potuto comprare i terreni perché il prezzo era troppo alto. Se li era aggiudicati un certo Albertini, un corso di nascita residente a Nizza col quale avevano, però, preso accordi per un eventuale acquisto. Nel frattempo, secondo gli accordi presi con l’Albertini, il Comune avrebbe dovuto preparare una descrizione dettagliata dei 38 terreni, per presentarla al notaio in caso di rivendita.
Venne così richiesto a Gio Antonio Cane e Gerolamo Moro, esperti nella valutazione di terreni, di scegliere tra i 78 “pezzi” confiscati i 38 di minor valore ed estensione così, l’Albertini, rendendosi conti della ‘pochezza” del suo acquisto, non avrebbe esitato ad alienarli a sua volta ad un offerente.
I due esperti, ritenendo in buona fede il Medico e il Garin, e pensando di agire nel bene della comunità, accettarono e fecero dei terreni una stima assai inferiore al valore reale.
I trentotto pezzi vennero valutati 2000 franchi. L’Albertini accettò l’offerta.
Quando, però, il 5 giugno del 1810 Gio Antonio Cane e Girolamo Moro si stavano recando dal notaio di Dolceacqua per pagare la somma da loro pattuita, si videro venire incontro il Guiglia che li informò che “le terre delle Chiese sono appartenenti tutte a me”. Dopo aver cio deto io GioAntonio Cane me ne sono andato in casa piangendo e ho deto ‘Signore fate Voi la vendeta di questo tradimento” come la spero di vedere avanti di morire.”) (Carta 25)
Alcuni anni dopo, il 27 maggio del 1814, dopo i festeggiamenti in onore di Vittorio Emanuele Re di Sardegna, Medico Guiglia e Giobatta Garino in qualità di Amministratori delle Chiese radunarono in casa del Guiglia alle ore due dopo mezzanotte l’intera Amministrazione Comunale, composta dal Parroco Angelo Bernandin Baixin, GioAntonio Cane, GioBatta Cane detto il Santo, Giacomo Martini fu Domenico
A questi il Guiglia comunicò che avrebbe donato alla Chiesa terreni e casolari e la somma di 5000 franchi.
In precedenza Gio Antonio Cane era stato avvertito dal Parroco Cabagni, suo direttore spirituale e confidente, circa l’offerta del Guiglia e l’aveva consigliato di non firmare alcun atto se prima non avesse ricevuto e letto una copia firmata dal Guglia di quanto l’atto conteneva.
La riunione durò a lungo perché gli Amministratori continuavano unanimemente a rispondere:“ noi non la vogliamo sottoscrivere se prima noi non abbiamo una copia, ossia l’originale da consultarlo, e siamo stati circa due ore in contrasto di questo volere e non volere, siché in quel fratempo è gionto il Reverendo Sig Prete Giuseppe Martino Missionario fratello del sig Giachemo Martin membro della stessa Amministrazione, quegli ha preso quella nota, e l’ha letta, ed ha deto al suo fratello “il presente potete sottoscrivere” e l’ha deto a me. e a tutti li altri, niuno vi volea sottoscrivere, visto questo il Sig Reverendo Missionario ha portato la mano drita sopra il libro, e disse “giuro sopra l’Evangelio che la potete sottoscrivere senza alcun peccato veniale” e noi altri sentito questo l’abbiamo sottoscritta”, (carte 28 e 29)
Quando, qualche giorno dopo, Gio Antonio Cane raccontò il fatto al suo amico il Parroco Cabagni, questi lo rimproverò aspramente dicendo che su quella proposta lui non avrebbe mai giurato sulla Bibbia e aveva concluso: “vedrete che passeranno anni che il deto Guglia di quelle carte se ne servirà per li suoi interessi, e l’Amministrazione poi ne sarà la vittima”.
Fu buon profeta. Passarono oltre due decenni.
Scrive il memorialista: “[Guiglia]… non ha cesso niente perché sino a quest’oggi 1837 non ha ancora voluto passare alcun atto pubblico con dire che viene molestato delle terre che ha (rubato dico io) si rinforza nel territorio di Apricale, e sopra quello di Isolabuona. Siché alle Chiese ha lasciato la campanella da passare per il Paese in cerca dell’elemosina”.
Nel 1836 Gio Antonio Cane fu chiamato dal Giudice di Dolceacqua, Giambattista Rossi per rispondere delle terre vendute (le 38), di quelle non vendute (le 40), su chi le aveva comprate o cambiate e di quelle lasciate alla Chiesa.
L’anno appresso venne di nuovo convocato dall’Insinuatore Grossi di San Remo per dare nuovi chiarimenti
E amaramente l’Autore del manoscritto commenta: “gli ho dati tutti gli schiarimenti possibili come sopra, e tutto questo andrà in niente, ma dico che ne farà vendetta l’Altissimo”. (carta n° 30)

Ed ecco che abbiamo dato un volto al Carneade, cui Isolabona ha dedicato un carruggio buio, stretto e senza sole Che ci sia una inconscia vendetta dell’Altissimo?

4 commenti:

  1. Il tal Medico Guiglia non meritava nemmeno "un carruggio buio, stretto e senza sole", mia cara Rob!

    La cupidigia umana non è collocata in nessuna epoca storica precisa,, purtroppo!

    Un salutone.
    annarita

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  2. Ci sono nomi, o meglio cognomi, che nei paesi scompaiono. Erano scritti su documenti antichi, come questo che naturalmente conoscevo, e poi non più. A Isolabona Guiglia ma anche Imperiale.

    Però chi mi assicura che la via Guiglia sia stata intestata a questo malfattore e non a qualcun altro della famiglia più degno di tale onore?

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  3. Questi libri oltre a riportarci indietro nel tempo, sono affascinanti, a distanza di tempo possiamo ricostruire la storia del passato...ma dovremmo anche saper farne tesoro..
    Un bacio roberta.

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  4. @alberto, la tua è una giusta osservazione, la farò presente all'autore dello scritto.
    Proprio ieri ho messo le mani nell'archivio storico del nostro comune per una ricerca che sto conducendo.....chissà non mi capiti di trovare tra i fascicoli polverosi e ingialliti qualche altra traccia.Comunque mi viene spontaneo pensare che se la via la si fosse voluto intitolare a un Guiglia più degno di quello preso in considerazione, avrebbero aggiunto il nome, solo con lo scopo di differenziarlo da questo ma così non è stato fatto e allora.....

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