sabato 30 aprile 2011

Archi gotici a Isolabona

Foto di Giuseppe Palmero
[...] Accesso principale (e originale) del castello di Isolabona, affacciantesi a sbalzo su quello che un tempo doveva essere una sorta di fossato di ben altra consistenza rispetto a come appare ora. Munito quindi, a quell'epoca, di ponte levatoio.
Il tipo di apertura, i materiali e la tecnica esecutiva ci fanno pensare ad un Duecento avanzato[...].


In questo modo il Professor Giuseppe Palmero descrive l'arco la porta principale del castello di Isolabona in cui è ben visibile un arco gotico.
La stessa tipologia di arco è stata fotografata e pubblicata da Luciano Gabrielli su facebook. Si tratta di un arco completo ubicato in via Santo Spirito, l'ho fotografato qualche giorno fa.




L'arco è composto da sei cunei ben levigati e lavorati di arenaria. Questo potrebbe essere l'unico arco intatto visibile nei carugi di Isolabona altri potrebbero essere nascosti sotto il manto di intonaco che nel passato ha ricoperta la pietra a vista.


Questa mattina avendo un po' di tempo a disposizione, ho deciso di fare un giro alla ricerca di elementi  interessanti. Passando da via Mulino sono subito incappata in questo.


Arco di via Molino
In questo arco sono ben visibili i primi due cunei di entrambi le sezioni, si nota che nel passato questa porta ha subito rimaneggiamenti. A me sembra che sia stata spostata in avanti con conseguente riempimento del vuoto. Sull'architrave in legno si nota la scritta 1752. Il proprietario della casa mi ha detto che l'arco era ricoperto da intonaco. L'ubicazione di questa casa è in linea d'aria sotto al castello, probabilmente la porzione abitativa più antica del borgo.
Un altro resto di arco gotico l'ho ritrovato in via Cairoli.

Porzione di arco gotico in via Cairoli
Qui sono visibili solo il primo e parte del secondo cuneo. La costruzione di una porta-finestra sovrastante lo ha interrotto. 
Questi sono particolari a cui non avevo mai fatto caso, chissà quanti altri ce ne sono e quanti altri  fotografandoli non so dare una risposta come ad esempio questo presente all'imbocco di via Santo Spirito.




venerdì 29 aprile 2011

Tabernacolo del 1400 nella Chiesa Parrocchiale di Isolabona


Tabernacolo del 1400




Questo pomeriggio sono ritornata in chiesa per ri-fotografare il Tabernacolo che vi ho presentato nel post precedente. Le immagini scolpite rappresentano la Deposizione di Cristo, un bambino e San Paolo con la sua spada. Qui venivano riposti i tre Oli Sacri: quello Battesimale, San Paolo; quello Cresimale, il bambino e quello degli Infermi, Cristo. Ho fatto qualche passo avanti per quanto riguarda la data mentre per l'artista che lo ha eseguito ho solo alcune supposizioni ancora da verificare. Le notizie me le ha date Franck Vigliani che tramite e-mail mi ha scritto:
"Ciao questa lapide è del 400. C'è la data in basso. Molto interessante. Mi diceva un amico storico che era forse della bottega dei De Lancia. Da verificare. Ci sono cose simili a Taggia."
I De Lancia erano lombardi attivi a Taggia che nel 1462 con il loro scalpello, crearono molte incisioni su pietra nella zona. Ciò che mi ha scritto Franck Vigliani, che di lavoro svolge l'attività di restauratore di opere d'arte e ricercatore araldico, mi è stato confermato dal nostro parroco questa sera. Il Tabernacolo, venne ricoperto da uno strato di pittura che durante l'ultimo restauro della chiesa fu rimosso. Chi lo ripulì, gli attribuì questa data. La scritta che pensavo essere latino, è in realtà la data scritta con simboli romani. Trovandosi in una posizione molto poco illuminata, non credo si possa leggere chiaramente sulla fotografia. A questo punto è doverosa una riflessione. Se la data è il 1400 e la nostra chiesa ha iniziato ad essere costruita nel 1580, molto probabilmente fu portato li da un'altra chiesa. La chiesa più antica della nostra comunità è quella cimiteriale dedicata a San Giovanni Battista, la stessa dove è presente l'affresco del 1500 del Battesimo di Cristo , che arrivi da li? Ecco un altro quesito a cui non sarà facile dare una risposta.

Aggiunta di sabato 30 aprile 2011

A seguito del commento lasciatomi da Ponentino, provvedo ad inserire l'immagine da lui segnalata. Foto reperita qui


Ponentino scrive:

Effettivamente questa tipologia di repositorium per gli oli sacri è ampiamente rappresentata negli edifici religiosi del ponente, al massimo può cambiare il materiale, come dimostra (esempio fra tanti) il tabernacolo di ardesia nell'antica pieve medievale di San Maurizio (ora Santuario del Buon Consiglio) di Riva Ligure, proprio nella zona di Taggia, che sebbene più "piatto" e "rigido" del tabernacolo marmoreo di Isolabona, ne rispecchia esattamente la struttura compositiva (anche se speculare)

mercoledì 27 aprile 2011

Bassorilievo marmoreo nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Isolabona

Per ingrandire l'immagini cliccarci sopra

Questa fotografia l'ho scattata circa 20 giorni fa nella nostra chiesa parrocchiale. Questo pseudo armadietto si  trova in fondo al corridoio sulla parete destra in direzione dell'altare. Si tratta di un bassorilievo su lastra marmorea. Alla base si intravedono delle scritte per me incomprensibili trattandosi probabilmente di latino. Sarebbe bello scoprire qualcosa di più come ad esempio quando fu scolpita e da chi. La chiesa fu costruita in più riprese, ve ne parlai qui. Ho scoperto recentemente, grazie a Giuliano Magoni Rossi storico di Vallebona, che l'ultimo ampliamento, quello che l'ha resa così come è oggi, fu eseguito dallo stesso capo mastro che curò la seconda riedificazione della chiesa di Vallebona con inizio dei lavori nel 1720, Antonio Bettini, originario di Lugano ma con sede d'impresa in Breglio. Lo studio fatto dal Magoni Rossi, ripercorre le fasi della costruzione della chiesa di Vallebona riuscendo a dare un nome a chi, nel corso dei secoli, si è occupato della costruzione. Un lavoro molto sintetico ma non per questo non meticoloso. Lo storico è riuscito a ricostruire il percorso grazie a un riordino dell'archivio storico parrocchiale che ha curato personalmente. Purtroppo a Isolabona questo lavoro lo si deve ancora fare in entrambi gli archivi storici a nostra disposizione ovvero, quello comunale e quello parrocchiale. Quante cose non si conoscono della nostra comunità!

Guardandolo bene dopo aver conosciuto il suo utilizzo, mi sono detta che ci sarei potuta arrivare con la semplice osservazione. Per coinvolgervi vi faccio una domanda.

Sapreste dirmi a cosa serviva questo armadietto?

Ho scattato la fotografia con la mia vecchia Canon quindi la risoluzione lascia un po' a desiderare. 

domenica 24 aprile 2011

25 aprile, Resistenza nella val Nervia e valle Argentina

Il 25 aprile è una data che va onorata. Ognuno di noi lo deve fare e nel modo che più ritiene opportuno. Questo giorno è la festa della Libertà di tutti noi. Inutile dire che non condivido chi lo considera appartenere solo a una parte politica. Il mio pensiero va a una persona che ci ha lasciato recentemente, in me ha lasciato un vuoto incolmabile, con lui parlavo di fiori, di storia  e anche di resistenza. Alfonso, è dedicato a te il mio pensiero per questa data importante, partigiano Gianni resterai sempre nei miei ricordi.

Martedì inizierò a leggere un libro dal titolo Partigiano a Triora recentemente presentato in una scuola di Sanremo. Conoscere la storia dei luoghi in cui viviamo che non necessariamente deve essere quella in cui siamo nati, è per me importante.


UN GIORNO TRA I BANCHI
(25 aprile. Resistenza Nella Val Nervia e nella Valle Argentina).

Il 18 u.s. nella  Scuola Media Statale  “Dante Alighieri” di Sanremo – Quartiere Baragallo, la scrittrice  Maria Rosa Acrì Borello ha presentato alle classi III A-B-C-D il suo libro per ragazzi dal titolo Partigiano a Triora -Romanzo per ragazzi, (Genova, De Ferrari,  2009,  91 p., (Collana Oblò)
All’incontro era presente Marino Cassini.
L’incontro si è svolto in un clima di notevole interesse da parte dei ragazzi presenti i quali hanno posto domande all’Autrice.
Prima, comunque,  di lasciare la parola agli studenti che durante l’anno avevano letto il libro, Maria Rosa, attraverso una presentazione accurata, puntigliosa e approfondita anche da una fitta messe di notizie ricavate da ricerche effettuate presso l’Istituto Storico della Resistenza in Liguria, ha illustrato il periodo storico dal 1943  al 1945, facendo continui riferimenti  a fatti e persone che  presero parte alla lotta contro le forze di occupazione tedesche dislocate nelle Valli Nervia e Argentina.  Dopo l’inserimento storico-geografico in cui il romanzo è ambientato, l’Autrice è passata alla genesi della storia di Pinin, un ragazzo di 12 anni, che è stato partigiano solo per un giorno.
Cassini in un suo articolo pubblicato sulla rivista “LG Argomenti” del Comune di Genova, n° 2, 2010, così descrive il romanzo.
“E’ la storia di un ragazzino dodicenne, Giuseppe detto Pinin,  che dalla natia Torino, nel periodo più critico della recente storia d’Italia, viene  allontanato da Torino per sottrarlo ai bombardamenti aerei e inviato in un collegio di religiosi a Ventimiglia. Pinin, in bilico tra la fanciullezza e la maturità, abbina agli studi le sue fantasie di adolescente sviluppatesi sulle lettura di Salgari  e tra un compito di matematica e uno di latino si immerge nelle giungle del Borneo a fianco di Sandokan e dei suoi tigrotti della Malesia, che danno la caccia ai sanguinari tughs e al loro capo Suyodana.
Per Pinin è il periodo della formazione, dal passaggio dalla crisalide alla farfalla, il momento in cui non si riesce ancora a distinguere il bene dal male. Pinin continua a sognare avventure nelle giungle della Malesia, ma dopo l’8 settembre si trova improvvisamente immerso in giungle più vicine a lui, più reali. Sono giungle formate da macchie mediterranee, da pini, abeti, castagni, querce dove si battono italiani contro tedeschi e italiani contro italiani. Una lotta spietata tra i monti, attorno a piccoli isolati, tra il freddo e la fame.  Una nuova realtà per Pinin che lo porta inesorabilmente verso una scelta, Fugge dal collegio per percorrere tutta la Val Nervia, da Ventimiglia a Pigna e di lì a Triora dove operano le forze partigiane. E a Triora  il dodicenne Pinin arriva nel momento più tragico, subito dopo aspri combattimenti, in mezzo a case che bruciano, immerso in una atmosfera satura dell’odore della polvere da sparo, che lo afferra alla gola ,  e all’odore della polvere si unisce il puzzo di carne bruciata.
La fine del racconto è per il lettore inattesa. Pinin ha voluto  fare il partigiano a Triora e lo ha fatto per un solo giorno, poche ore in cui ha compreso che la sua aspirazione è giusta, ma che il suo corpo di adolescente e la sua mente non sono ancora preparati e maturi a prendere parte attiva alla lotta. E Pinin torna indietro non per viltà o per paura, ma sa  di non essere ancora pronto alla lotta.
Nella storia l’Autrice menziona e descrive i vari paesi della Val Nervia, da Camporosso a Dolceacqua, a Isolabona, a Pigna e Castelvittorio, con una panoramica dei  monti che sovrastano la valle.
A termine del racconto Maria Rosa ha voluto inserire schede di approfondimento che parlano della Resistenza in generale e di luoghi particolari della nostra valle, invitando i giovani lettori attraverso suggerimenti di altri libri (letture consigliate), in cui è possibile reperire altro materiale per allargare le conoscenze sulla storia, la geografia, la cultura delle Valli Nervia e Argentina. 


Grazie Marino.

venerdì 22 aprile 2011

L'Ape legnaiola, Xylocopa violacea



In questi giorni il mio glicine ha raggiunto la sua massima fioritura. Uscendo in giardino e stazionandoci sotto, un ronzio continuo è il suono predominante. Si tratta della musica emessa dall'Ape legnaiola la Xilocopa violacea che trova nel Glicine il suo fiore preferito. Ho cercato di scattare qualche bella fotografia, ne ho fatte tantissime, quelle che ho pubblicato sono le migliori. Il saltare da un fiore all'altro avviene continuamente, una danza che non permette di mettere a fuoco l'immagine. Il loro colore nero unito al forte ronzio incute timore, un timore ingiustificato. Ho inviato le fotografie all'Entomologo Giancarlo Castello il quale mi ha fatto avere una scheda molto dettagliata come suo solito. Sono rimasta sorpresa quando mi ha scritto che l'esemplare da me fotografato era un maschio. Il sesso di queste creature lo si riconosce grazie ai due penultimi piccoli anelli delle antenne. Nel maschio sono di un colore tendente al rosso. Un particolare che mi era scappato. E si, i particolari sono importanti, ve ne ho parlato giusto una settimana fa...e questo lo dimostra!!! Devo cercare di essere più osservatrice.
Vi lascio alla scheda di Giancarlo Castello.

L’APE LEGNAIOLA E LE SUE NERISSIME CUGINE

Quando ci rechiamo un po’ trafelati al pronto soccorso, persino i medici di turno, anche se preparatissimi sotto tutti i profili e così garbati da suscitare tutta la nostra stima, ci sembrano talvolta spaesati, alquanto incerti, e la cosa non è dovuta a incapacità professionale, bensì al tipo di cultura naturalistica che vige in Italia, lontana da certi settori della Botanica, ma ancor più dall’Entomologia, considerata spesso materia inutile, tranne che per pochi studiosi. Così, finché ci punge un insetto abbastanza consueto, ad esempio una vespa, il soccorso procede secondo canoni abituali, soprattutto giusti livelli di preoccupazione, in caso contrario non resta che andare per tentativi. In Italia gli insetti che possiedono un aculeo sono alcune decine di specie, senza considerare le zanzare (in Italia 62 specie) che esulano però dal nostro discorso, ed è quasi impossibile che la conoscenza di tutte le entità faccia parte di un normale bagaglio medico. Per questo si tende a curare in modo piuttosto generico, credo a volte persino esagerato, quando si tratta di specie la cui puntura non produce conseguenze di sorta. L’esempio più significativo è proprio l’insetto che presentiamo oggi, ovvero la Xilocopa violacea, detta “Ape Legnaiola” (Xylocopa: xylos = legno, kopto = incidere). Per evitare una logica a scompartimenti stagni è necessario considerare anche le sue due congeneri: Xilocopa iris e Xilocopa valga, al completo le tre Silòcope italiane, che può essere interessante imparare a distinguere.


LE TRE SPECIE ITALIANE DI XYLOCOPA

Per prima cosa dobbiamo assolutamente spazzare il campo da un’idea del tutto sbagliata, circolante tra la gente che frequenta le campagne, gli orti o quant’altro. La nostra Silòcopa è nera. Questo è il dilemma: da ciò nasce la paura d’incontrarla. La Scienza ha dimostrato che il colore nero ci insospettisce, ci rende maggiormente paurosi e non fa pensare a niente di buono… Non ci si può stupire se la Silòcopa viene comunemente confusa con l’animale più pericoloso d’Italia, cioè il Calabrone. Ma il Calabrone cari amici è una vespa, Famiglia dei Vespidi: in Italia 21 specie, anzi, tra le vespe la più micidiale, permettetemi l’appellativo, tanto che ogni anno si contano in media almeno 150 morti per causa sua. Il Calabrone (Vespa crabro) è sì bello massiccio e grande fino a 5,5 cm, ma ha la testa gialla o color cuoio e il resto del corpo diviso in zone: marrone, nero e giallo. La sua puntura risulta molto pericolosa la seconda volta (con rischio di shock anafilattico), quando il fisico manifesta una reazione iniziale piuttosto evidente.


IL MICIDIALE CALABRONE (Vespa crabro)

Al contrario, la nostra funerea Silòcopa, è in realtà praticamente innocua ed è stato accertato che reagisce pungendo solo se fortemente disturbata. Inoltre, a parte il consueto bruciore da pungiglione, non ci sono conseguenze e dopo un’ora anche l’arrossamento è scomparso. Essa appartiene infatti alla Famiglia degli Apidi, molto meno pericolosa di quanto si creda; in Italia ce ne sono 55 specie, che comprendono: l’Ape da miele (Apis mellifera), i famosi e simpatici Bombi, che sono 28, ma anche specie sconosciute come le Ceratina delle festuche (13 specie) e i Bombi-Cuculo (Psiphyrus, 10 specie), che occupano in modo subdolo i nidi dei loro congeneri, a cui assomigliano terribilmente. Mente i Vespidi sono prevalentemente carnivori e il loro veleno molto efficace, gli Apidi sono in pratica vegetariani, molto meno pericolosi, e alcune specie muoiono dopo aver punto la vittima.
Tornando alle nostre Silòcope, il loro nome volgare, Ape legnaiola, si riferisce alla principale attività, che è quella di scavare alacremente il legno nelle cui gallerie vengono inseriti, alternativamente, un uovo e una pallina di polline misto a nettare (pane delle api). La Xilocopa valga, più massiccia e più forte di tutte (il più grande Apide italiano) sceglie facilmente tronchi secchi o pali.


TRONCHETTO SCAVATO DA Xilocopa violacea


TROCHETTO APERTO VIRTUALMENTE

Per lo stesso scopo, la specie più piccola, Xylocopa iris, usa generalmente le cavità di cannucce secche. Tutte e tre le specie non si possono dire insetti sociali ma Apidi solitari. Nelle ore soleggiate si dedicano soltanto alla costruzione del nido e alla raccolta delle scorte di cibo per le future larve. Il nido è intervallato da intercapedini di segatura di legno e saliva, formando fino a sette nicchie per i nuovi nati, con l’ultima porzione vuota, dove va a rifugiarsi la madre.
Le Silòcope nascono alla fine dell’estate per poi entrare in ibernazione durante l’inverno, nascoste nel loro stesso nido, impilate una sull’altra con una piccola scorta di cibo. Solo la primavera seguente avviene l’accoppiamento e le femmine iniziano quasi subito il loro lavoro di scavo o di ricerca del nettare. Il continuo andirivieni tra i fiori diventa una manovra fortemente pronuba (cioè utile all’impollinazione) ed è sciocco considerarla pericolosa.
Il fiore preferito della specie Xilocopa violacea è il Glicine (Wisteria sinensis), tutte sono fortemente attratte da odori intensi di nettare ed essudati vegetali. Non mancano i nemici naturali, com’è normale nel mondo degli Insetti. Si tratta di “parassitoidi”, delle loro larve, a cui sottraggono il cibo, depredandole, comunque uccidendole. Si tratta ad esempio dell’Holocryptus femoralis, una sorta di vespina Icneumonide con una lunga appendice con cui punge le larve, sue vittime. A volte la Xylocopa violacea vede decimare il suoi piccoli a opera del terribile Sapigide Polochrum repandum.




IL PARASSITOIDE DELLA XYLOCOPA

Resterebbe ancora molto da dire su queste simpatiche creature, conosciute troppo superficialmente. Credo sia importante indicare una volta per tutte le caratteristiche di riconoscimento delle tre specie italiane, ricordando che solo la comparazione diretta tra una specie e l’altra potrebbe dare sicurezza al profano. L’esperto le riconosce a occhio e segue mentalmente lo schema seguente:

Xilocopa valga:
DIMENSIONI: LA PIÙ GRANDE E ROBUSTA (28 MM) - TESTA ROTONDA - ANTENNE CORTE CONFORMATE PIU’ O MENO IN LINEA.

Xilocopa violacea:
DIMENSIONI: PIÙ PICCOLA DELLA PRECEDENTE (21 MM)TESTA OVALE – ANTENNE FORMANTI UNA MORBIDA CONTROCURVA. SE IL PENULTIMO SETTORE IN PUNTA ALLE ANTENNE E’ COLORATO, SI HA LA SICUREZZA DELLA SPECIE, INOLTRE E’ CERTO CHE SI TRATTI DI UN MASCHIO.

Xilocopa iris:
DIMENSIONI: LA PIÙ PICCOLA E CORTA (15 MM) E PUÒ ESSERE CONFUSA CON UN GROSSO MOSCONE . TESTA OVALE TENDENTE AL RETTANGOLARE E ADDOME LEGGERMENTE PIÙ STACCATO DELLE ALTRE SPECIE. ANTENNE CORTE E SOTTILISSIME, UN PO’ RIPIEGATE A GANCIO SULLA PARTE TERMINALE.
Giancarlo Castello

mercoledì 20 aprile 2011

Da Totonno a Totò: 150 anni di Unità d’Italia ‘raccontata’ da Antonio Manganaro

In uno dei primi post di questo mese, vi scrissi che ero molto felice. Il mio blog era servito indirettamente ad aiutare uno storico a scoprire un tassello importante riguardante la figura del caricaturista Antonio Manganaro. Francesco Granatiero devo ammetterlo, ha avuto un intuito eccellente. Ha saputo riconoscere nell'immagine da me pubblicata la "mano artistica" di Antonio Manganaro. Oggi pomeriggio ho ricevuto una e-mail da Granatiero in cui mi  ha informato che sul sito della città di Manfredonia è stata pubblicata la sua ricerca.  
Immagine scansita dal libro originale

Uno dei maggiori caricaturisti italiani del Risorgimento era manfredoniano: Antonio Manganaro, vissuto tra la fine dell’800 e gli inizi del ’900, è ancora oggi un modello per la satira politica.
Pressoché dimenticato dall’ufficialità, fu riscoperto e portato all’attenzione del grande pubblico da un altro caricaturista sipontino, Francesco Granatiero, che, con ricerche certosine, ha ricostruito le vicende biografiche e buona parte della cospicua produzione artistica del Manganaro.
Ricerche che continuano ininterrotte, e che portano a scoperte interessanti, come la splendida illustrazione riportata nel volume ‘I Mille di Giuseppe Garibaldi, biografie per Alberto Mario’, stampato a Genova nel 1873 presso il Regio stabilimento Lavagnino (facente parte della fornita biblioteca del signor Giacomino Rodini).
La riproduzione fotografica di quest’opera del Manganaro è stata pubblicata il 5 maggio 2010 sul blog di storia locale www.isolacometivorrei.com, amministrato dalla signora Roberta Sala di Isolabona (Imperia), in un testo in cui non si faceva alcun riferimento all’autore dell’illustrazione, la cui firma era coperta totalmente dall’indirizzo dello stesso blog.
Francesco Granatiero, spinto da una notevole dose di intuizione e da grande determinazione, ha prontamente contattato i signori Rodini e Sala per avere ragguagli in merito al disegno e, grazie alla loro gentile e preziosa collaborazione, da lì a poco è stato possibile attribuirlo con certezza al Manganaro: nella nuova scansione dell’illustrazione, infatti, si legge chiaramente la firma, posta in basso a sinistra, del nostro illustre concittadino.
“Questa scoperta aggiunge un altro piccolo, ma significativo contributo alla conoscenza delle tante opere del Manganaro e alla storia della cosiddetta Illustrazione Popolare”, afferma Granatiero. Continua a Leggere

Inutile aggiungere che sono contenta di aver contribuito con il mio modesto blog a questa ricerca. 

lunedì 18 aprile 2011

Libereso Guglielmi incontra i ragazzi del Liceo Aprosio di Ventimiglia

Ho ricevuto questa sera da Lorenzo Cortelli, la notizia che mercoledì 20 aprile presso il Liceo Aprosio di Ventimiglia ci sarà un incontro tra gli alunni delle classi quinte e Libereso Guglielmi. Lorenzo scrive:

                              


"Il giorno mercoledì 20 aprile dalle ore 12.00 alle 13.30 Libereso Guglielmi incontrerà gli studenti delle classi V scientifico e III classico del Liceo Aprosio di Ventimiglia, presso l’auditorium dell’istituto.

Il famoso botanico parlerà della sua esperienza come giardiniere della famiglia Calvino a Villa Meridiana a Sanremo, e dei suoi viaggi in giro per il mondo.

Parlerà inoltre della profonda amicizia con Italo, il quale dedicò a Libereso il racconto “Un pomeriggio, Adamo”, nel quale lo scrittore sanremese descrisse l’amico giardiniere dallo spirito libero.

L’incontro è aperto anche a persone esterne al liceo."



Un saluto e a presto.

Lorenzo



Mi sarebbe proprio piaciuto ascoltare Libereso, un personaggio che con la sua semplicità riesce a raccontare la natura come nessun altro sa fare. Purtroppo non mi sarà possibile. Di lui vi ho già parlato in questi post Mi auguro che questa esperienza possa essere ricordata da chi lo potrà fare.

domenica 17 aprile 2011

Gabbiani e riflessioni sulla perfezione.


Questi gabbiani li ho fotografati qualche giorno fa su una sponda del nostro torrente, il Nervia. Riguardando gli scatti non ho potuto fare a meno di pensare al gabbiano più famoso della letteratura, Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach. Credo che dopo averlo letto, tantissimi anni fa, sia cambiato qualcosa in me.  La perfezione assoluta non mi piace, mi piace però la perfezione che mi fa stare bene. Lottare e lottare ancora affinché corpo e mente viaggino sullo stesso binario.  Accontentarsi di una via di mezzo non fa per me, so bene che sarebbe solo un appagamento a metà e soprattutto momentaneo. Penso sia arrivato il momento di farlo leggere anche a mio figlio.  Di questo autore ha già letto Nessun luogo è lontano e mi ha colpito quando ridandomelo mi ha detto:  "Ho imparato molte cose leggendolo". 
In questi giorni mi va di fare riflessioni guardando la natura che mi circonda. 

sabato 16 aprile 2011

Macaone Iphiclides - podalirius ed equilibri.

Iphiclides - podalirius
I fiori della Lunaria - annua che si trovano nel mio giardino, sono un richiamo per diverse farfalle. Con la loro danza da un fiore all'altro, mi offrono uno spettacolo naturale. Questo pomeriggio ho potuto fotografare un Macaone Iphiclides - podalirius che, con il suo planare da fiore in fiore, ha dato prova di possedere un equilibrio perfetto. Già equilibrio, una condizione che ci permette di mantenere uno stato di assetto del nostro corpo seppur effettuando alcune azioni. Mi ha colpito la capacità di questo Macaone nel mantenere il proprio equilibrio durante il suo pasto. Per noi umani mantenerci in equilibrio e non mi riferisco solo a quello fisico, è un esercizio alquanto difficile. A me capita ogni giorno di lottare contro quelle forze che cercano di stravolgere il mio equilibrio, una prova dura, che riesco a vincere con la sola forza di volontà. Per chi come me ama ciò che la circonda, che cerca di cogliere solo gli aspetti positivi anche da ciò che non va, si tratta di amare la vita anche se, con uno spiccato egoismo nei confronti degli altri perché penso che, il mio equilibrio, sia più importante di qualunque altra cosa. Oggi mi pongo una domanda, farò bene?

Vi lascio alle altre immagini che ho scattato, ricordatevi di cliccare sull'immagine. Di uno stretto parente del Macaone Iphiclides - podalirius, il Màcaon Papilio, ve ne avevo già parlato qui, dove potrete leggere una scheda molto bella scritta da Giancarlo Castello





giovedì 14 aprile 2011

Particolari

Particolare della torretta del castello di Dolceacqua

Particolare della cupola del campanile della chiesa di San Filippo a Dolceacqua

Particolare maggiore della torretta sempre del castello di Dolceacqua
Dopo alcuni giorni di tempo stupendo, è tornata la pioggia e il freddo, qui e altrove. Questo cambiamento repentino mi mette tristezza, mi fa pensare a quanto anche noi siamo vulnerabili. A chi un bisticcio improvviso non ha rovinato la giornata? A me si!  Questo pomeriggio ho scattato alcune fotografie. Particolari del castello di Dolceacqua e del campanile della chiesa di San Filippo sempre a Dolceacqua. Gli scatti sono stati fatti da notevole distanza. I particolari sono importanti, a volte li trascuriamo perché intenti a osservare l'insieme, ma ritengo che siano questi  e le piccole cose a rendere una cosa bella e noi felici.  Questa sera vorrei essere una rondine e osservare il mondo da lassù e considerare gli uomini dei particolari!!!

Rondine
 

mercoledì 13 aprile 2011

Indovinello floreale.

In questi giorni appena posso, mi diletto a scattare fotografie ai fiori che colorano il mio giardino. Uno in particolare mi piace molto, è giallo ed è un fiore che abbellisce un albero. Sapreste dirmi quale?
Certo che non è facile e per questo vi voglio dare un aiutino. 


Il .........., utilizzato per fare le spine delle botti e i pali della vigna, è diventato, assieme al rovere, con i secoli, un intenditore di vini; ma, a differenza degli uomini, l’alcol non riesce a distruggerlo. (…)
Il tronco del “.....” non è mai diritto né grosso ma si piega e vive di stenti, contento del poco di cui dispone.
Da lui il vecchio ricavava le “cavezze” per le capre e le mucche. Per chi non lo sa le “cavezze” sono cerchi in legno, oggi sostituiti dal cuoio.
Ho imparato che, se volevo fare una cosa ad uso “tenero”, non la potevo costruire con il  .........., buono per le cose resistenti, come i denti dei rastrelli, che dovevano durare un’eternità e grattare sui prati quel poco fieno di montagna, ispido e ricco di essenze benefiche. 
Nella concretezza risiede la nobiltà del ............. E’ come l’amico fedele che rimane nell’ombra ma è pronto a intervenire in caso di bisogno. Di lui ti puoi fidare. Disponibile al sacrificio, è un legno speciale anche per la stufa, e produce un fuoco gagliardo, di un bianco incandescente che riscalda l’anima prima ancora del corpo. 
E’ generoso, e quando stai scivolando non si comporta come la muga traditrice, ma ti sostiene e ti incoraggia. Non ha bisogno di affetti né li vuole. Non dipende da nessuno e affronta la vita schivo e riservato. Non disprezza l’amore ma neppure lo cerca. (…)
Confesso che voglio bene al .......... e mi sono affezionato, anche perché è un albero che sa invecchiare senza il patetico bisogno dei cosmetici antirughe. E’ sciocco cercare di mascherare il cammino degli anni. L’incedere del tempo cambia il colore alla pelle del ..............e la abbrutisce, ma lui non se ne rammarica.
Appena tagliato, all’interno è verde chiaro con stupende venature gialle. Quando lo levighi ostenta un verde cupo con intense fiammature dorate. Poi, dopo due o tre anni, passa al marron scuro, quasi nero, della vecchiaia.
Al termine della vita, il.............., senza urlare, ma in dignitoso silenzio, come l’ulivo, entra nel buio della terra e scompare.

(Brano tratto dal libro “Le voci del bosco” di Mauro Corona – Edizioni Biblioteche dell’Immagine di Santarossa)

L'immagine che ho inserito l'ho scattata a circa quattro metri di distanza. Sono i primi grappoli che stanno fiorendo, quelli più esposti al sole... A fioritura ultimata, sono molto simili a quelli del Glicine, meno numerosi e più radi.


Chiedo gentilmente alla mia amica Raggio di non spifferare subito il nome. Raggio, l'altra mattina volevo chiederti se il .........che ti ha regalato il mio ragazzo gode di buona salute!!!


lunedì 11 aprile 2011

Gigari "Arum Italicum" giganti.




Questi Gigari Arum italicum, li ho fotografati questa sera vicino a casa. Di così grossi non ne avevo ancora visti. Un'altra pianta, ancora più grossa, la tengo sott'occhio da un'altra parte, spero che il caldo di questi giorni  non l'abbia ancora fatta fiorire perché dovrà aspettarmi fino a mercoledì mattina!!! Di questo fiore avevo già parlato qui. Questa sera ho potuto appurare quanto sia forte l'odore che emanano, infatti la loro infiorescenza, con lo scopo di attirare mosche e moscerini, emana un forte odore di sostanza organica in decomposizione...  Appena entrati nella spata gli insetti rimangono intrappolati dai peli riflessi e, nel tentativo di recuperare la libertà, si spostano incessantemente raccogliendo e distribuendo il polline dappertutto; molti muoiono nell’impresa mentre gli ultimi, i più fortunati e resistenti, riescono a liberarsi quando la spata avvizzisce per l'avvenuta fecondazione. Insomma un fiore bello solo a vedersi e da lontano...poi non dimentichiamoci che la sua successiva trasformazione in fruttificazioni ci regala bacche velenose e che richiama  le BISCE!!! Spero tanto non  questa di cui sappiamo bene che, abita queste zone.

domenica 10 aprile 2011

Il "Battesimo di Cristo", affresco del 500 presente nella chiesa dedicata a San Giovanni Battista a Isolabona








Venerdì 8 aprile è apparso su Il Secolo XIX  a firma dell'amico Giuseppe Palmero, un articolo dal titolo I tesori della chiesa romanica nel territorio di Isolabona. Essendo stato venerdì il mio compleanno,  ho detto a Giuseppe che è stato uno dei più bei regali ricevuti. Nell'articolo ci vengono spiegati quelle che sono le caratteristiche della chiesa  dedicata a San Giovanni Battista dal punto di vista architettonico, collocando la sua costruzione tra l'XI e XII secolo. Questa chiesa è da annoverare tra le più antiche che si trovano nell'estremo Ponente Ligure. Il vero pregio di questo edificio, continua Palmero, è dato dalla presenza di un affresco anonimo conservatosi in maniera notevole se si considera che da oltre cinque secoli è esposto alle intemperie. La scena raffigurata è quella tradizionale  in cui San Giovanni Battista battezza Cristo con l'acqua del Giordano. L'affresco contiene altri elementi significativi ad esempio, un nitido paesaggio sullo sfondo diviso in due parti, la composizione bilanciata, la monumentalità classicheggiante delle pose, l'uso dei colori tenui e sfumati, elementi che permettono di individuare in quest'opera i canoni del  Leonardismo. Questo fenomeno pittorico si sviluppò grazie ai maestri lombardi. Arrivò fino all'estremo Ponente Ligure dalla vicina Savona. Questo stile ebbe vita breve infatti, iniziò nei primi anno del XVI secolo e scomparve poco dopo 1525.
Articolo scritto dal Prof. Giuseppe Palmero

Ieri pomeriggio ho scattato alcune fotografie all'affresco, ve le propongo in tutta la loro bellezza.  Prima di salutarvi una mia piccola considerazione, spero che questo affresco possa in tempi vicini, trovare il modo di essere conservato per poter essere visibile anche a chi verrà dopo di noi. Qualcosa si sta muovendo. Grazie Giuseppe.

  



sabato 9 aprile 2011

Il cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus), a Dolceacqua

Ieri pomeriggio nel lago che il Nervia forma a Dolceacqua, un trampoliere cavaliere d'Italia, pasteggiava indisturbato. Giorgio, il mio figliolo, se ne è accorto ed è corso a dirmelo...nel tragitto ha pensato bene di mettere le sue manine sul mio nuovo giocattolo e di scattare da solo una fotografia.

Fotografia scattata da Giorgio da una distanza approssimativa di 25/30 metri
 
Dopo essermene impossessata io, considerando anche il fatto che eravamo al terzo piano, ne ho scattate altre.









Ma cosa ci faceva un cavaliere d'Italia a Dolceacqua? Si sarà perso? 
Sappiamo che in Italia la sottospecie tipo compare regolarmente durante i passi da marzo e maggio (il più sensibile e consistente) e di settembre; non egualmente distribuita e più numerosa nelle zone umide del Veneto, dell' Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Puglia e delle Isole maggiori; rara ed irregolare in varie regioni interne. Localmente comune come estivo e nidificante (in colonie di varie decine di coppie) in alcune zone adatte della fascia costiera nord-orientale (Veneto, Emilia Romagna), tirrenica (Toscana, Lazio), del basso Adriatico (Molise, Puglia) e della Sardegna; più scarso come tale in Umbria, Sicilia e, da qualche anno, anche in Piemonte. Chi è interessato a scoprire qualcosa in più di questo volatile, consiglio di leggere questa scheda

Se solo fossimo stati più vicino, avrei scattato foto di altra qualità!!! Comunque sono contenta lo stesso, chissà quando ricapiterà. ...
Qualche amico di Dolceacqua lo ha visto?

venerdì 8 aprile 2011

46, il mio numero da oggi!!!



Le poche ore che rimangono per ultimare questa giornata, sono le ultime del giorno che ricordano la mia nascita che avvenne 46 anni fa. Sulla mia bacheca di facebook è un continuo Auguri, Auguri, Auguri....una dimostrazione di simpatia che mi riempie di gioa. Mentre cenavo mi è venuto in mente di cercare il significato del numero che da oggi mi farà compagnia per i prossimi 364 giorni, il 46. Non essendo un'esperta in questa materia, ho cercato aiuto in rete. Ho trovato un sito interessante Camelott, dove l'interpretazione cabalistica dei numeri offre una ricca relazione. Devo ammettere che il significato che viene attribuito a questo numero, me lo sento calzare come un guanto!
A dir la verità non credo a queste cose...se la mia vita è felice, ho un matrimonio duraturo, non ho problemi economici, posseggo ricchezza nell'anima e mi sento forte, tutto questo me lo sono creato da me, in che modo?  Pensando ogni giorno in positivo e sorridendo alla vita!!!



46 quarantasei

SIMBOLISMO e SIGNIFICATO: "Vita lunga e felice. Benessere materiale e spirituale. Ricchezza presente nel tempio dell'anima. Forza."

ABBINAMENTI: fenice, infanzia, cemento, scimmia, nonna, archivio, funerale, congiura, binario, gigante, dado, numeri.

E il numero delle combinazioni azzeccate, delle società durature, dei matrimoni riusciti, degli incontri simpatici e piacevoli. Quando è presente questo numero accade di trovare casualmente i numeri buoni per giocare e vincere al lotto, di incontrare casualmente una persona desiderata e simpatica, di ritrovare un debitore che con l'occasione paga il suo debito, di avvicinare qualcuno che ci comunica una buona notizia, di trovare un buon lavoro per familiari ed amici. Questo numero rappresenta anche la ricchezza e l'abbondanza, la frutta e la verdura, il vino rosso, il cappello da donna, l'astrologo, le autorità religiose, i riti religiosi fuori da un luogo sacro.