venerdì 20 maggio 2011

Immagini del Genere Orobanche - Orobancacee, ma quale?



Quelle che vedete sopra sono immagini che ho scattato lunedì mattina in una località del nostro territorio chiamato Treixe. In questo luogo la mia famiglia acquisita possiede da secoli terreni. Prima di dedicarmi allo scopo per cui mi trovavo li, ho fatto un giro con la speranza di trovare un soggetto interessante da fotografare. La natura in questo luogo ci offre notevoli spunti e lunedì ne ho trovato uno. Si tratta di una pianta di cui non conoscevo il nome appartenente alla famiglia delle Orobancacee. Di primo acchito pensavo di essermi imbattuta in una orchideacea, ma quale? Ho inviato così le fotografie ad Alfredo Moreschi, il fotografo di San Remo che possiede uno tra gli archivi storici più completi della nostra zona che è anche un esperto di fiori spontanei del nostro territorio. Moreschi rispondendomi mi ha inviato i suoi appunti relativi a questa pianta. Leggendola mi sono resa conto di aver fotografato una pianta alquanto strana, una pianta che non produce clorofilla, una pianta classificata come parassitaria e i cui semi possono resistere anche fino a sette otto anni prima di trovare il loro habitat naturale per germogliare.
Per classificare la mia Orobanca, dovrò prima scoprire il nome dell'albero su cui si è sviluppata, non sarà difficile ma lo farò nei prossimi giorni. Vi lascio alla lettura della scheda di Alfredo Moreschi e all'immagine della Chiesa dedicata a San Michele che si trova in Treixe.


Alfredo Moreschi scrive:

Le Orobancacee sono piante fondamentalmente appartenenti alla flora delle regioni temperato calde dell’Europa, Africa boreale ed Asia extratropicale, poche di esse nascono ai Tropici e nell’America latina.
Compongono una famiglia relativamente numerosa perché comprendono una dozzina di Generi con un totale di circa 150 unità linneiane, un centinaio delle quali si attribuisce ad Orobanche, il raggruppamento tipico della famiglia che da esso prende nome, rappresentato nella vegetazione spontanea italiana, con oltre 30 specie, una ventina delle quali vive in Liguria.
Sono vegetali parassiti su numerose piante dei nostro panorama naturale, designati con un nome riportato da Dioscoride nelle sue opere ed originato dalla fusione delle due radici greche "òrobo" (battesimo di una Leguminosa affine ai Latiri) ed "angkein" (strangolare), affermazione del poco lodevole giudizio di "piante che uccidono".
La loro vita vegetativa presenta una serie di curiose modalità, come la grandissima quantità di semi prodotti da una sola pianta (circa 100.000), tutti inseriti in minuscole cellette.
Il vento, facendo vibrare lo stelo, si incarica della diffusione dei grani, forniti tra l'altro di una prodigiosa resistenza che permette loro di mantenere allo stato latente la totale potenzialità generativa per sette, otto anni.
L'acqua piovana ne favorisce l’infiltrazione progressiva nel terreno e, quando le semenze entrano in contatto con la specie desiderata, germogliano saldandosi con la loro radichetta all'ospite, penetrandolo sino a raggiungere i fasci vascolari della radice infestata per cominciare la loro esistenza di sfruttatori. Louis Augustin Bosc, ispettore dei vivai napoleonici autore di una cospicua collaborazione all’importante edizione curata dall'Istituto di Francia il cui titolo è Nuovo Corso di Agricoltura scrisse nel capitolo dedicato alle Orobancacee, che in Italia i contadini mangiavano abitualmente lo stelo di una specie (probabilmente Orobanche major) trovandolo di sapore molto simile a quello degli Asparagi.
Lo stesso autore francese riporta anche il giudizio diffuso fra la gente di campagna “Molti le credon proprie ad eccitar desideri amorosi negli uomini e negli animali pascenti “.
Ciò confermerebbe quanto in precedenza aveva riferito Andrea Mattioli il quale, battezzandoli "Herba tora", giustificò tale nome affermando: “Per vero è stato sperimentato che le vacche, subito che le mangiano, vanno al toro”.
A parte queste illazioni ormai datate, attualmente senza alcun riscontro probante, gli Orobanche si dimostrano interessanti più per i danni arrecati alle colture, che per eventuali possibili vantaggi
Caduti tutti gli utilizzi medicinali di queste piante, un tempo ritenute di qualche utilità come antispasmodico, calmante ed antidiarroico ed usate contro la scabbia, anche tutti i tentativi di introdurle nel giardinaggio sono falliti.
Attratti dagli smaglianti colori e dalla curiosa morfologia alcuni orticoltori ne hanno tentato l'adattamento e la coltivazione, ma si sono trovati di fronte ad insormontabili difficoltà dovendo coltivare nello stesso tempo sia la pianta da parassitare che gli Orobanche ed attendere a lungo prima di poter conoscere i risultati dell'operazione.
Benché la loro classificazione sia tutt’altro che facile e richieda cultura specifica ed un testo aggiornato e specifico, non è difficile riconoscere queste piante che si presentano sostanzialmente con epidermide diversamente colorata, mai verde.
Sono annuali o perenni, con fusti ispessiti o bulbosi alla base, semplici, scagliosi e privi pertanto di foglie come sono comunemente intese e capaci di svolgere la funzione clorofilliana, sostituite da scaglie.
I fiori, variamente colorati, biancastri, azzurrognoli, giallastri, porporini, sanguinei o celesti, sono riuniti in spighe nelle quali gli inferiori sono sovente privi di peduncolo. L'intero fiore corrisponde marcatamente ad una costante asimmetria, con il calice diviso in due parti nella porzione posteriore, divisioni che possono essere tanto intere che separate da una fessura.
La corolla, usualmente arcuata, è divisa nella parte alta in due labbri, il superiore intero o incavato, l'inferiore a tre lobi patenti; gli stami sono quattro (2 più corti) saldati con la corolla alla sua base o tutt'al più nella metà inferiore dei tubo.
Nella spiga, costantemente terminale, ogni fiore è accompagnato da una brattea sempre opposta al fiore stesso. Le varie specie differiscono anche per la presenza o l'assenza di profumo; il nettare, quando è presente, viene secreto da un disco ipogino. Molte specie hanno inoltre sapore amaro, aspro e pungente. Le premesse che abbiamo sopra ricordato a proposito delle difficoltà di orientamento in questo particolarissimo genere, inducono ad indicare un ridotto schema illustrativo delle specie liguri accomunandole, per agevolare il lettore, alle piante più comunemente parassitate.


Ringrazio ancora una volta il Sig. Alfredo Moreschi per la sua disponibilità nella divulgazione delle specie che abbelliscono il nostro territorio.

4 commenti:

  1. Interessante... Le ho viste qualche volta in giro ma non ho mai pensato che fossero parassitarie. La prossima volta guarderò su cosa crescono visto che mi hai incuriosito :-)

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  2. Notizie interessanti ed accurate,come sempre.In Calabria le vedevo crescere come parassite della pianta del fave.
    Ciao Roberta.

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  3. mi sembra di averle viste nei castagneti, ma tempo fa...comunque non sapevo fossero parassite. che stranezza! hai ragione, anch'io le avrei confuse con le orchidee selvatiche. abbiamo avuto un'interessante lezione di botanica, grazie a tutti! buon pomeriggio!

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  4. Non conoscevo questa pianta parassitaria.

    Molto bella la scheda di Moreschi. I miei complimenti!

    Un abbraccio e buona domenica.

    annarita

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