giovedì 30 luglio 2009

Cinghiali, un vero problema per la nostra agricoltura.



Uno dei problemi che gli agricoltori della nostra zona devono affrontare durante l'estate è quello dei cinghiali, Sus scrofa
Questi onnivori, in una notte sono capaci di demolire muri a secco, di rovinare le coltivazioni che per molti sono l'unica fonte di reddito, di rompere irreparabilmente alberi da frutto e di compromettere l'orto.

Essendo le nostre campagne ricavata su terrazzamenti, sono molto difficili e in alcuni casi impossibili da recintare..........bisogna subire le loro incursioni e sperare.

Di questi animali ce ne sono ogni anno un numero maggiore, si spingono vicino al paese in cerca di cibo e acqua, attirati anche da foraggiamenti effettuati dai cacciatori in zone molto vicine al paese...........non come nella vicina Francia dove i cacciatori posizionano il cibo lontano dalle zone agricole e abitate favorendo in questo modo il loro allontanamento.
Questa pratica di foraggiamento è vietata, chi dovrebbe controllare è al corrente ma non fa nulla per evitarlo.........forse, i cacciatori hanno più importanza degli agricoltori!!!

Da Islabonita di Nico Orengo

[...]

Quella notte scesero i ginghiali. Scesero Dal Pigo e dal Merdanzo, si buttarono in acqua assetati, spingendo avanti i piccoli, calpestando canne ed euforbie, rovi e ginestrini. Come una macina da mulino trituravano pietre e tronchi. Erano affamati, sulle fasce non avevano lasciato una patata o un fagiolo e adesso cercavano in basso. I cacciatori li aspettavano con fucili caricati a pallettoni. Qualcuno cadeva scalciando nell'acqua ma il branco, con salti da capra, scalava i massi più grossi e le postazioni.[...]

martedì 28 luglio 2009

Aculepeira ceropegia, ragno elegante....

Qualche settimana fa mentre annaffiavo i miei fiori in vaso del mio giardino, mi sono trovata  " faccia a faccia" con questo piccolissimo ragno.
La sua tela era posizionata tra i rami del mio geranio pendente.

Vi ho già detto che i ragni non mi piacciono molto, anzi, ma la curiosità di vedere da vicino questo ragno era tanta soprattutto perché le sue zampette avevano una forma strana e i suoi colori dorsali erano molto vivaci.
Ho preso la macchina fotografica e mi sono avvicinata per fare qualche scatto........è stato molto difficile perché appena mi avvicinavo scappava a una velocità supersonica nel suo rifugio dimostrando di sentirmi prima di potermi vedere.....ho dovuto fare più scatti durante l'intera giornata.......



Eccolo al riparo mentre mi mostra il suo dorso ben disegnato......
Come al solito ho inviato le fotografie a Giancarlo Castello, l'entomologo che mi offre la sua collaborazione.  Come al solito mi ha inviato una scheda molto dettagliata che oltre a descrivere questo esemplare, fornisce elementi per conoscere meglio questi esseri.

Giancarlo Castello scrive

[...]

Se questa volta dobbiamo parlare ancora dei ragni, ne approfittiamo per dare qualche notizia su questi interessanti esseri. Per chi non lo sapesse, nel mondo sono stati catalogati più di 50.000 specie, ma gli specialisti (gli aracnologi) sono pochissimi, specialmente in Europa. Le specie italiane, non sempre facili da determinare, sono esattamente 1.411, suddivise in ben 45 Famiglie, tra cui, le più caratteristiche: Licosidi (i ragni-lupo), Araneidi (i ragni eleganti), Salticidi (i ragni saltanti), Tomisidi (i ragni-granchio), Gnafosidi (i ragni della notte), ecc. Gli Araneidi, come indica il loro nome, sono quelli che come forma ricordano di più l’idea che abbiamo dei ragni stessi. Il corpo è di grande taglia, le zampe spinose e la tela geometricamente perfetta, ben ancorata ai fili portanti, al di fuori della quale, più nascosto, esiste un ricovero di seta. Quella degli Araneidi è una famiglia che comprende 60 specie, tra cui l’Araneus diadematus, già presentato nel sito, e questo nuovo rappresentante, molto più piccolo (femmina fino a 14 mm, maschio massimo 8mm): l’Aculepeira ceropegia, dal caratteristico disegno a zigzag. Del genere Aculepeira abbiamo altri due cugini: armida e carbonaria. La ceropegia è un ragno cosparso di peli setosi (allego una foto per mostrarne alcune caratteristiche esteriori). Solitamente pone la tela tra due alberi e in alto, per catturare piccoli insetti volanti, oppure sui cespugli frequentati da zanzare o moscerini. I ragni riparano o ricostruiscono la tela ogni due giorni circa, per i danni dovuti al vento, la pioggia ma soprattutto al movimento delle prede che cercano di sfuggire. La seta, resistentissima, è prodotta in continuazione da otto filiere poste in fondo all’addome. Il ricovero, all’interno del quale si nasconde dai nemici e si ripara dalle intemperie, è piuttosto fitto, aperto da una parte, a forma di piccola cupola. Questa specie compare dall’inizio dell’estate fino ai primi giorni di agosto. E’ una specie molto rara nelle zone più fredde, ma facilmente reperibile nei climi più caldi d’Europa. Specialmente questa Famiglia, le cui tele sono vere e proprie reti da cattura, possiede una grande sensibilità tattile. Si può dire che siano quasi ciechi, nonostante i loro numerosi occhi, ma vedono come i ciechi le forme che toccano e le percepiscono anche attraverso le vibrazioni della tela.
Tanti cari saluti. Giancarlo [...]
Fotografia inviata da G. Castello [...]

Grazie Giancarlo per le preziose e interessanti notizie, forse leggendo di questi animali, mi passerà un po' la paura........

sabato 25 luglio 2009

I Gigari , specie dei Generi Arisarum, Arum, Dracunculus

Un paio di settimane fa ho scattato delle fotografie a dei vegetali che non avevo mai visto in tanti anni che abito e frequento le campagne di Isolabona oppure, posso dire da quando non guardo attentamente il mondo che mi circonda,  mi ha attratto sia la forma che la combinazione dei colori.
Giunta a casa ho subito caricato le fotografie sul pc e le ho fatte vedere a mia suocera chiedendole se le conosceva. La sua risposta è stata affermativa, " si le conosco , sono velenosi, mia nonna quando ero bambina me lo ripeteva sempre,  ma non conosco il loro nome".

Sono questi
Ho così inviato una mail al Dott Alfredo Moreschi, noto maestro fotografo storico di Sanremo e coautore del libro "Fiori di Liguria" con il Dott  A.Nicolini, che, come sempre mi ha fornito la soluzione al mio quesito inviandomi una scheda tecnica relativa a questa specie.

Moreschi scrive
[...]
Sono le fruttificazioni dell'Arum italicum, un cugino dei Philodendron e degli Anthurium tropicali che usiamo come piante da appartamento.

Dalla scheda tecnica
L’Arum italicum è un’abituale presenza dei nostri campi che in primavera compie una singolare trasformazione: si presenta, dapprima, con un ciuffo di eleganti foglie verdi e lucenti al cui centro appare una grande spata bianca a protezione di uno spadice giallo. 
Lungo l’appendice, simile ad un lungo ed esile dito puntato verso l'alto, sono disposti i fiori giallastri: quelli maschili nella parte più alta, mentre i femminili formano il glomerulo basale. 
A fecondazione avvenuta, la spata si affloscia, scompare e libera un gruppo di vistose bacche scarlatte. 
La fantasia popolare ha subito colto l'occasione per far nascere nomi singolari come "Serpentaria", "Erba saetta", "Pan di serpente o di vipera", "Bacche veleno", solo per citare i più importanti del volgare italiano che si aggiungono al folto gruppo degli altrettanto geniali battesimi liguri.
Il nome scientifico del Genere, composto da una quindicina di specie in prevalenza mediterranee, deriva dal vocabolo greco "aron" (calore) perché, al momento della fioritura, lo spadice aumenta la sua temperatura di quattro-cinque gradi rispetto all’atmosfera circostante.
Infatti, l'infiorescenza degli Arum, allo scopo attirare mosche e moscerini, emette un forte odore di sostanza organica in decomposizione: una sorta di spray favorito nella sua diffusione dal lieve calore emanato .
Appena entrati nella spata gli insetti rimangono intrappolati dai peli riflessi e, nel tentativo di recuperare la libertà, si spostano incessantemente raccogliendo e distribuendo il polline dappertutto; molti muoiono nell’impresa mentre gli ultimi, i più fortunati e resistenti, riescono a liberarsi quando la spata avvizzisce per l'avvenuta fecondazione.
Anche nel caso degli Arum spuntano altre interpretazioni etimologiche, come quella di una derivazione dall'antico termine riservato dagli egiziani ad una pianta commestibile, dall'aspetto molto simile (Arum esculentum). 
Oppure, interviene il rimando all’immancabile leggenda popolare, secondo la quale, Gíosuè e Caleb volendo dimostrare a Mosè la effettiva fertilità della terra promessa, avrebbero piantando lo scettro di Aronne fra le zolle; il legno si sarebbe immediatamente coperto di germogli formando una pianta, chiamata con il diminutivo di "Aro".
Le bacche dei nostri Arum sono velenose e possono anche rivelarsi mortali, soprattutto se ingerite da bambini; questa negatività indusse negromanti e fattucchiere ad includerlo fra le piante indispensabili per distillare misteriosi intrugli da usare nei riti satanici.
Nel passato, le radici di Arum maculatum venivano raccolte e torrefatte per ricavare di un amido di prima qualità molto fine e  dal colore candido, dotato di  proprietà simili a quello prodotto dal Riso, ma caratterizzato da piccoli granuli tondeggianti, o irregolarmente poliedrici con ilo spesso e raggiato. Secondo gli esperti nel periodo di quiescenza annuale, e dopo tre anni di vita della pianta, se ne riscontra la massima concentrazione nel rizoma (21,74%); per tutto il momento vegetativo, viene parzialmente sostituito da saccarosio.
Presso molti popoli europei e per molti secoli l'amido di Aro è stato considerato un ottimo succedaneo della fecola; in particolare nella pasticceria casalinga e non della Sicilia, serviva per la preparazione dei confetti, per infarinare dolci, biscotti ed i fichi seccati.  In Inghilterra l'amido prodotto industrialmente dal "Gigaro" veniva commerciato sotto l'etichetta di  "Arrowroot of Portland", venduto in concorrenza con quello ricavato in Oriente. Era particolarmente indicato per inamidare i tessuti di Lino più delicati, irrigidire i colletti alti a piegoline allora di gran moda.
Nei suoi rizomi tuberiformi sono anche contenuti un principio acre e termolabile, grassi ed una saponina; tutti elementi che una volta essiccati al sole e poi polverizzati, acquistano proprietà antielmintiche ed antireumatiche; pare esclusa la presenza nei rizomi di acido cianidrico, la cui esistenza è stata invece riscontrata nelle parti aeree, alla dose di un milligrammo ogni chilo di pianta fresca. 
In molti paesi europei veniva anche raccolto dopo la fioritura, essiccato e conservato nelle farmacie domestiche, a disposizione dei malati di asma e di insufficienza respiratoria per farli espettorare. 
In precedenza  Dioscoride mescolando il succo di "Gigaro" assieme a sterco di bue, ne aveva ottenuto un impiastro da applicare sulle deformazioni gottose; gli Arabi se ne servivano invece contro  i calcoli alla vescica.
Sembra che al rizoma di un Arum sia dovuta la salvezza dell'esercito di Giulio Cesare rimasto privo di qualsiasi tipo di rancio durante una delle tante campagne del condottiero; infatti, nel libro III° di De Bello Civili Cesare parla di una radice chiamata "Chara" molto abbondante nei dintorni del Castrum che: "admixtum lacte, multum inopiam levabat".
Anche l’affine Arisarum condivide l’inquietudine ingenerata da queste strane Aracee, una diffidenza che percorre tutte le epoche, tanto da aver contagiato anche Plinio: ”l’Aris (Arisarum proboscidaeum), che nasce anche  in Egitto, è simile all’Aron (Arum dracunculus) ma piú bassa e con foglie e radice piú minute. Ma produce un effetto assai strano: qualsiasi animale di sesso femminile perirebbe nel momento in cui questa pianta entra in contatto con i suoi organi genitali”.
Se per gli Arum italicum e maculatum, l'Arisarum  vulgare non esistono problemi di diffusione poichè vivono indisturbati anche nelle zone coltivate dall'uomo, l'Arum dracunculus era già pericolosamente minacciato alla fine del 1800 se Bicknell scrive  di averne incontrati pochissimi esemplari nella costiera compresa tra Savona e Genova. 
Il Botanico Francesco Panizzi  dichiara di averne raccolto un solo esemplare  nei pressi di Coldirodi, sopra Sanremo, dopo lunghe ricerche nella zona del ponente dalla quale era scomparso.  
Gli Arum sono piante erbacee, perenni, con parte sotterranea formata da rizomi tuberiformi. 
Hanno foglie intere oblungo ovate e cordate, oppure sagittato astate con lungo peduncolo inguainante alla base.
 I fiori sono piccoli gli uni appressati agli altri, sormontati da un lungo spadice e avvolti da una spata convoluta, differentemente colorata a seconda della specie.
I fiori femminili sono riuniti in un glomerulo basale, mentre quelli maschili sono situati più in alto e spesso sono a loro volta seguiti da un glomerulo di fiori sterili. Recentemente è stato creato il genere Dracunculus la cui differenza principale consiste nell’avere le foglie divise in segmenti. 
Gli Arisarum hanno la spata a cappuccio, terminante in una appendice filiforme più o meno lunga.
 
  • Arum dracunculus L. (Sin. Dracunculus vulgare Schott. IV- VI. Nasce negli incolti sino agli 800m). Ha radice tuberosa con picciolo punteggiato di viola e foglie alterne a lamina fogliare ad 11-13 lobi ovali ed allungati, acuti; la spata lanceolata ed acuminata ha il dorso verdastro e la parte interna viola porporina; ha uno spadice ad appendice clavata e violacea, in parte incluso nella spata. I frutti sono bacche carnose rosso arancio.
  • Arum italicum Miller. (III- V. Nasce nei campi e nelle macchie sino agli 800m). Ha tubero ad uovo con foglie presenti dall’autunno precedente intere, astate , venate di bianco, con due lobi basali divergenti e lungamente picciolate; da esse si sviluppano una spata larga, giallastra, ma rossiccia ai margini, lunga il doppio dello spadice ad appendice giallo crema. I frutti sono bacche carnose e scarlatte.
  • Arum maculatum L. (IV- VI. Nasce negli incolti e nelle faggete sino ai 1600m). Ha tubero ad uovo con foglie chiazzate di nero, sagittate con due lobi basali convergenti, a picciolo lungo il doppio della lamina; una spata giallastra, lanceolata ed acuminata, verdastra, dai margini purpurei, uno spadice ad appendice clavata e violacea, lungo più della metà della spata. I frutti sono bacche carnose e scarlatte.
  • Arisarum vulgare Targ. Tozz. (Sin. Arum arisarum  L.  X- V. Nasce negli incolti e sotto gli ulivi sino agli 800m) Ha un piccolo tubero ad uovo, con poche foglie lungamente picciolate a forma di cuore allungato ed acuto; lo scapo termina in una piccola spata a cappuccio con la punta ripiegata, percorso da venature porpora scuro. Lo spadice è verdastro e ripiegato a seguire la curva della spata. I frutti sono verdi.  
    Come raccoglierli e coltivarli  
    Alcune dei nostri Arum sono coltivati nei giardini, e per vegetare bene debbono essere alloggiati in terreni ricchi e lavorati profondamente. Necessitano di abbondanti annaffiature, specie nel periodo della vegetazione e della fioritura. Tranne che per il Dracunculus divenuto raro nella nostra regione e quindi da proteggere per gli altri Gigari liguri non esistono problemi per la raccolta dei rizomi.
    Si propagano autonomamente attraverso le parti sotterranee o mediante i semi. Fuori del loro habitat naturale, il discorso vale per le specie esotiche, nelle zone più fredde, durante l'inverno, è opportuno provvedere alla copertura dei piedi delle piante con letame.
    Battesimi liguri
    Arum italicum: Toescegu Ligèa, Erba dannà, Erba biscia a Genova; Buna annà a Busalla; Erba baggio Erba ligliada, Erba biscoea a Pontedecimo; Oéggia d'àse Oregge de luvo ad Imperia; Giava, Lisca a Nava); Patatte da porchi in Valle d'Arroscia; Gallio alla Mortola; Lugiaja, Luggèa a Cogorno; Lúgai a Levanto; Serpentina, Orecchio di gatto a Montalto; Licru, Tòssegu a Sarzona; Erba biscèa a Santa Vittoria di Libiola, Spurrassa a Sanremo.
    Dracunculus vulgaris: Dragun-a, Dragunaea, Erba biscia a Genova, Erba sensigia a Santa Margherita, Oregge de luvo ad Imperia, Granon de biscia a Sella, Gajassu, Bisciaea a Velleggia.
    Arisarum vulgare: Galio, Guaglio a Genova, Uregia diasu ad Imperia, Gallio alla Mortola, Sgagi a Noli, Oregge de luvo a Dolcedo, Lughéa a Quinto, Singoeggi a San Fruttuoso, Cugiandrin-a a Barassi, Ueggin-a a Chiavari, Sanseggi a Rapallo, Giùgaira a Sanremo.
    [...]
    Di seguito riporto le fotografie inviatemi dal Dott Moreschi che riprendono alcune delle speci di Arum descritte
     Arum Maculatum frutto
    Arum Maculatum

    Arum Dracunculus

     
    Arum Italicum fiore
     
     

  • Arum 
    La prossima primavera farò più attenzione a queste piante, mi piacerebbe scattare alcune fotografie ai loro fiori.......questa è l'ennesima prova che il nostro territorio ci regala forme di vita meravigliose, un peccato non saperle riconoscere.
    questo è il mio trecentesimo post, e il blog non ha ancora compiuto un anno......... 

giovedì 23 luglio 2009

Marino Magliani a Isolabona .

Ieri per il nostro borgo è stata la festa patronale di Santa Maria Maddalena, la sera si è svolto il classico festino presso il campo sportivo.
Anche quest'anno sono state richiamate diverse centinaia di persone a ballare e a cenare sotto i tigli.
                                                                                                             
                         Marino Magliani a Isolabona


Tra queste, ospite dell'amico comune, Paolo Veziano, vi era Marino Magliani, noto scrittore e traduttore nato a Dolcedo (Imperia) che vive sulla costa olandese.
Tra le sue opere il romanzo storico L'estate dopo Marengo ( Philobiblon, 2003)
Quattro giorni per non morire ( Sironi 2006 )
Il collezionista di tempo ( Sironi 2007 )
Quella notte a Docedo 2008 e La tana degli alberibelli 2009 per l'editore Longanesi

Dire che è stato un grande piacere poter colloquiare con Marino Magliani è poco, mi sono trovata subito a mio agio, mi ha dato la possibilità di raccontagli questa mia bellissima esperienza che sto vivendo con il mio blog e  i motivi per cui lo faccio.

Oltre a Paolo Veziano e a Marino Magliani, al tavolo c'era l'amica Pia di goodvalley che, dopo aver superato un brutto momento appena arrivata (era convinta di aver perso una chiavetta usb su cui aveva importato importanti  file), è stata un'ottima compagnia per la serata
 
Pia alla ricerca disperata della chiavetta......

 
Pia radiosa dopo il ritrovamento della chiavetta.....

 
Pia e Paolo

 
Pia e Paolo.
Ho passato circa due ore in ottima compagnia, ho conosciuto un personaggio di cui parlerò ancora sicuramente, grazie Paolo per avermi dato questa opportunità.

martedì 21 luglio 2009

Isolabona, festival delle Arpe.

Avrà inizio nel nostro borgo giovedì 23 luglio, il "Festival delle arpe" , da un'idea di pepimorgia.

Saranno tre le serate dedicate al festival, oltre il 23 luglio si suonerà il 24 e il 25 luglio.

La prima serata sarà ospitata nei locali del Vecchio Frantoio, luogo che vi avevo già fatto visitare virtualmente qualche mese fa, riguarda qui.

Le altre due serate avranno luogo nel Castello dei Doria, che per l'occasione è stato riportato in condizioni tali da poter ospitare questo importante evento.

Di seguito potrete leggere il programma completo e le biografie degli artisti che parteciperanno alla manifestazione.


Sicuramente sarà un evento che richiamerà diverse centinaia di persone nel nostro borgo, un'occasione per conoscerlo.......

lunedì 20 luglio 2009

mercoledì 15 luglio 2009

Val Nervia terra di fiori e farfalle ma anche di serpenti, Malpolon monspessulanus, cobra italiano

Qualche giorno fa la mia amica Rosalba mi ha contattata telefonicamente per farmi sapere che suo padre Vito, aveva rinvenuto nei pressi della loro campagna una pelle intatta di una grossa biscia di due metri e più, mi ha chiesto se poteva interessarmi per pubblicarlo sul blog..........
Vito è un ottimo cacciatore e conoscitore dei nostri luoghi e il fatto che non gli sia scappata anche questa pelle, la dice lunga su come guardi attentamente ciò che lo circonda quando si trova in un bosco o in campagna........

Vito, foto scattata l'anno scorso da me

Per carettere credo che ogni cosa possegga un valore e non lascio cadere mai nulla nel dimenticatoio per non avere importanza, se lo faccio è perchè dopo essermi informata ho delle risposte certe.
Ho così scritto al mio esperto di fiducia, il Dott Castello informandolo di questo ritrovamento, la sua risposta è stata velocissima e mi ha dato alcune indicazioni su come fotografare la pelle.

Che nelle nostre campagne ci siano bisce , è risaputo, io stessa ne ho incontrate diverse ma fortunatamente di taglia molto piccola, ho parlato con diverse persone tra cui mia suocera e mi ha raccontato che da bambina a le è capitato di vederne una molto grande in Treixe, suo padre, nonno Emilio, le raccontò che un giorno nelle campagne di Rocchetta fu praticamente inseguito da una grossa biscia molto agile e lui, uomo molto coraggioso, si vide molta paura per le sue dimensioni e per come si muoveva nel sottobosco e come si arrampicava sui muri........ho saputo che a più di una persona è venuta la febbre dopo aver avuto un contatto visivo con questi serpenti, perchè come potrete leggere nella scheda di Giancarlo Castello si tratta di veri e propri serpenti.

Rosalba mentre prepara la scena per le fotografie

Particolare della testa
Non so come potrei reagire se mi trovassi testa a testa con un esemplare di queste dimensioni, dentro di me sento che mi piacerebbe vederlo, ma nel mio più intimo credo che resterei sicuramente terrorizzata..........e voi?
Giancarlo Castello scrive
[...]
Carissima Roberta, vediamo come si fa a determinare la specie di un serpente, attraverso la sua esuvia, ovvero attraverso la pelle rilasciata a seguito di una muta. Intanto, in questo caso, fattore più importante si rivela la lunghezza, che risulta superiore ai due metri. Esiste una sola specie che può superare questa lunghezza. Personalmente ho avvistato già due volte esemplari di due metri e mezzo e, a occhio e croce, di una trentina di chili. Possiamo affermare che si tratta di un duro colpo per chi si lascia facilmente spaventare dai rettili. Altro fattore determinante è la forma delle scaglie, che risulta chiaramente dalle foto del corpo. Si tratta di scaglie regolari, a forma di goccia, perfettamente distanziate. Anche l’andamento generale del serpente, il graduale assottigliamento del corpo, può essere significativo. In particolare esamineremo la testa, che costituisce di solito la chiave di volta per arrivare alle conclusioni. Se confrontiamo la testa di un esemplare vivo con l'immagine della pelle, saltano subito all’occhio le attinenze specifiche. La foto, messa vicino all’esuvia, ci mostra: la placca centrale tra gli occhi (segnata con una linea rossa) è identica, così dicasi per le due placche frontali (N. 1 e N. 2) e la coroncina di placchette laterali (NN. 3-4-5-6). Per quanto mi riguarda sono certo che si tratti di un importante serpente della Famiglia dei Colubridi, per la precisione del Malpolon monspessulanus, specie della Liguria occidentale, del basso Piemonte, della vicina Francia e di poche altre zone del Mediterraneo. La Famiglia, costituita da serpenti piuttosto grandi, comprende 16 specie e 13 sottospecie. Le sottospecie, per chi non lo sapesse, sono per così dire variazioni sul tema delle specie principali. La specie esaminata è conosciuta con diversi nomi, ad esempio Colubro lacertino, Colubro di Montpellier o, addirittura cobra italiano. Quest’ultimo inquietante appellativo si riferisce a due particolari che esamineremo subito. Il primo riguarda l’atteggiamento. Quando è minacciato si erge fino a settanta centimetri, con fare aggressivo, espandendo al massimo la testa e soffiando in modo caratteristico. Ciò ricorda il modo di fare di famigerati serpenti indiani e africani. Il soffio fa paura a molti, quindi viene facilmente ucciso, quando il terrore non fa scappare noi e lui a gambe levate. Per spaventarci comincia con un sibilo basso, inquietante, che poi si alza di molto, troncandosi sulla nota più alta, tornando basso per sfumare. Il suo problema è che ama stare nei pressi dei casolari di campagna, dove, per liberarci dai topi, rischia la vita. Si nutre principalmente di lucertole (come dice il nome volgare), ma gradisce tantissimo piccoli mammiferi, nonché uccellini e serpentelli. Gli effetti del suo veleno sono molto simili a quelli del cobra (ecco il secondo motivo del suo soprannome) ma in confronto davvero ridottissimi e mai mortali per noi. Inoltre i suoi denti sono posti all’interno della mascella, quindi il suo morso ha una dinamica diversa dagli altri ofidi. E’ molto intelligente e, se ti diventa amico, si avvicina senza soffiare (lo so per esperienza…) Il suo modo di cacciare è davvero affascinante. E’ un corridore eccezionale, agilissimo arrampicatore, e anche nuotatore provetto. Dopo aver sollevato il corpo, che resta del tutto fermo, muove lo sguardo dappertutto, velocemente, osservando l’ambiente con attenzione. Non per niente è il serpente europeo con la vista più acuta. A differenza degli altri serpenti, che non tollerano il troppo caldo, lo si può vedere in giro anche se ci sono 40 gradi di temperatura. Il suo orario preferito è dalle 10 alle 12, ma in generale dalle 9 alle 18. Può vivere fino a 25 anni e si accoppia di solito in maggio (a volte anche in giugno). Lo si può osservare da marzo a ottobre.
Allego la comparazione tra la testa e l'esuvia del serpente.
Buona giornata, cara Roberta, e complimenti per le foto perfette! Giancarlo Castello

lunedì 13 luglio 2009

Gonopteryx cleopatra, un'altra farfalla........

Fotografia inviata da Giancarlo Castello

La settimana scorsa mi sono recata al torrente Nervia, proprio sotto la Chiesa della Madonna, appena arrivata la mia attenzione è stata catturata dal volo di una farfalla tra i cespugli, la farfalla volava leggera posandosi qua e la.
I suoi colori cambiavano a secondo di come muoveva le ali........la devo fotografare, mi sono detta e cercando uno scatto ad ali aperte, camminando in modo frettoloso e precario sui grossi massi, è successo un piccolo incidente, il mio telefonino è caduto nell'acqua melmosa..........più veloce della luce l'ho raccolto aperto e sbattuto con tutte le mie forze per far fuoriuscire l'acqua.......accidenti se è andato non posso più connettermi, questo è stato il mio primo pensiero.............fortunatamente rientrata a casa con l'aiuto del phon e del sole, forse anche della fortuna, il mio telefonino ha ripreso a funzionare alla perfezione..........



Queste sono le uniche fotografie decenti che sono riuscita a scattare, anche perché questa farfalla mi è sembrata un po' nervosa e continuava a muoversi......
Le ho inviate a Giancarlo Castello che, come al solito, è stato ben lieto di scrivere una scheda relativa a questa farfalla dal nome curioso Gonopteryx cleopatra.
La potrete leggere di seguito.


Giancarlo Castello scrive [...]

Carissima Roberta, il mondo delle farfalle è come una scatola magica piena di sorprese colorate. Eppure c’è gente che si annoia passeggiando per un bosco e si sente costretta a portarsi dietro una chiassosa radiolina o altri cordoni ombelicali dalla città. Ci sono passatempi impagabili, che istruiscono, fanno felice il cuore e la mente, ci rendono diversi, migliori. Uno di questi è conoscere le nostre farfalle, fotografarle e scoprirne i segreti. Difficile? Niente affatto. Le specie italiane di Lepidotteri sono precisamente 5.086, suddivise in 4.086 farfalle notturne (chiamate anche Falene) e 380 diurne (Farfalle propriamente dette). Possiamo precisare che un 10 per cento sono esclusive del nostro Comprensorio. Considerando che le farfalle notturne sono meno reperibili e in maggioranza poco colorate, anche difficili da fotografare, possiamo cercare d’imparare (e magari anche di fotografare) le 380 specie diurne con relativa facilità. Per iniziare basta una specie qualsiasi che ci capiti di osservare sotto il sole, in un prato o in un bosco. Ci si intesta di conoscerne il nome, ci si rivolge a un esperto o si tenta di trovarla su Internet. Non c’è esperto o studioso al mondo che non abbia iniziato dalla prima specie che lo ha colpito. Tutto ha inizio da una briciola di buona volontà e di entusiasmo. Allora proviamo a concentrarci sulla meraviglia di oggi. La farfalla in questione attrae davvero gli occhi. Quando apre le ali, poi, il suo splendore esplode. Da noi non è rarissima e la possiamo trovare anche in molte altre zone, sebbene soltanto in Provenza e in Corsica può considerarsi abbondante come da noi. Appartiene alla Famiglia delle Pieridi, farfalle in cui i sessi sono sempre piuttosto differenziati, come in questo caso. Le sue specie sono numerose, ma tutte abbastanza riconoscibili, come la cavolaia, farfalla bianca piuttosto conosciuta. Anche se il nostro esemplare è un maschio, il suo nome scientifico è tutto un programma: Gonopteryx cleopatra. La femmina presenta un colore piuttosto uniforme, anche se di un bel verdolino chiaro, sopra e sotto le ali, che evidenziano una venatura centrale più marcata. Per non confonderla con la specie cugina Gonopteryx rhamni, la cui venatura è meno evidente, è bene esaminarla con attenzione. La presenza della sua pianta madre, in tutti i posti dove cresce, indica l’esistenza in loco della nostra farfalla. In zona la dovremmo conoscere col nome di Limone di Provenza (Citron de Provence), proprio per il suo colore. Il maschio, quando apre le ali, rivela un’ampia macchia arancione in quelle superiori e un piccolo punto dello stesso colore in quelle inferiori. Il resto è giallo carico. La faccia sottostante è molto simile a quella della femmina. Lei non ha grandi macchie, ma soltanto un piccolo punto per ciascuna ala. Si tratta di farfalle inconfondibili, uniche ad avere le ali superiori a punta rivolta in basso, quasi a formare una esse. E’ reperibile da maggio ad agosto, dal livello del mare, dove alligna la pianta del Rhamnus alaternus (Alaterno o legno puzzo) oppure in montagna, fino a tremila metri, dove vive il Rhamnus alpinus, questo principalmente da noi, mentre altre specie congeneri di Rhamnus (catharticus, myrtifolia, oleoides o persicifolius) vegetano in altre località del Mediterraneo.

La Gonopteryx cleopatra ama i luoghi cespugliosi, spesso rocciosi, vicino ai boschetti meno fitti. Ha una sola generazione all’anno e, a differenza di moltissime altre specie, sverna da adulta, nascondendosi in anfratti riparati. Compare in primavera e d’estate termina la sua esistenza, non prima di aver deposto le sue uova sulle foglie o sulle gemme della pianta madre. Saranno quindi i suoi figli, dopo l’autunno, a svernare fino alla primavera successiva.

Allego un'imagine del maschio, però con le ali aperte. A presto. Giancarlo [...]


Ho già pronta un'altra scheda relativa a una creatura molto più piccola ma dai colori e dai particolari stupendi........di cui ho potuto osservare direttamente alcune caratteristiche descritte.......in questo periodo, sto facendo una vera "scorpacciata" di animaletti, pensando che tra pochi mesi la maggior parte svanirà, ne approfitto per scoprire il loro mondo insieme a voi.

sabato 11 luglio 2009

Tradizioni musicali della val Nervia

Il gruppo dei Menestrelli di Isolabona


Ieri sera mi sono recata a Pigna per assistere alla presentazione di una ricerca dal titolo " Tradizioni musicali della val Nervia e della val Roja "

Sono stati presentati un video girato in un piccolo paesino vicino a Tenda e canzoni popolari della val Nervia, qui il programma e la presentazione dei due ricercatori .

E' stato molto interessante e ho potuto riascoltare una canzone di Isolabona, quella scritta e cantata dal gruppo dei Menestrelli dal titolo I Muratei, ne parlai qui, fu uno dei miei primi post, e scoprirne di nuove.........Ancora oggi il ritmo e le parole sono coinvolgenti, in poche parole è una canzone bellissima........

Mi ricordo che quando ero bambina era molto facile, soprattutto in queste serate estive, sentire cantare e suonare, ogni occasione era buona per "pizzicare" delle corde, erano momenti di vera aggregazione.

Il canto popolare, come ho potuto capire ieri sera, era un modo per raccontare anche le vicende del luogo, un modo di raccontare ciò che avveniva in paese, si cantava ovunque, in campagna, in casa, nei bar e nelle cantine........ora tutto tace.

Tra pochi giorni avranno inizio i festeggiamenti della Maddalena, la nostra patrona, proporrò agli organizzatori di far ascoltare la canzona dei Menestrelli, I Muratei, come se fosse una sigla di inizio serata, potrebbe essere un modo per farla conoscere ai giovani che non l'hanno mai sentita e farla riascoltare a chi non la sente più da molti anni, posseggo il cd con la registrazione della versione originale.............. a me sembra una bella idea, voi cosa ne pensate?

venerdì 10 luglio 2009

Passiflora caerulea, il fiore della passione.....

Questo pomeriggio mi sono recata al torrente, mio figlio e un suo amico vi hanno passato il pomeriggio, proprio come facevano tutti i bambini una volta........

passando vicino al frantoio, sono incappata in questo fiore meraviglioso che non è un fiore spontaneo ma splendido, il fiore della Passiflora caerulea


Tornata a casa ho cercato notizie su questa pianta e ho scoperto da Vikipedia che ......

[...]

Passiflora è un genere di Passifloraceae che comprende circa 465 specie di piante erbacee perenni ed annuali, arbusti dal portamento rampicante e lianoso, arbusti e alberelli, alti fino a 5-6 m, originarie dell'America centro-meridionale, con alcune specie provenienti dal Nord America, Australia e Asia.

Il nome del genere, adottato da Linneo nel 1753 e che significa "fiore della passione" (dal latino passio = passione e flos = fiore), gli fu attribuito dai missionari Gesuiti nel 1610, per la somiglianza di alcune parti della pianta con i simboli religiosi della passione di Cristo, i viticci la frusta con cui venne flagellato; i tre stili i chiodi; gli stami il martello; la raggiera corollina la corona di spine.


E che la Passiflora caerulea è l'unica specie coltivata in Italia che sopporta il gelo invernale dei nostri climi. Originaria del Sudamerica, vigorosa pianta rampicante con lunghe ramificazioni dotate di robusti viticci che le permettono di ancorarsi facilmente a qualunque supporto, foglie persistenti o semi-persistenti, palmatofite a 5-7 segmenti, di colore verde scuro, fiori larghi anche 8-12 cm, attiniformi, ermafroditi, ascellari e solitari di circa 10 cm di diametro, di colore bianco-verdastro, con 5 petali bianco-rosati, 5 sepali che circondano una doppia corona di filamenti bianchi, blu, purpureo-scuro, lilla o violacei, che a loro volta circondano le antere dorate, 5 stami e gineceo con 3 carpelli dai grossi stimmi, fioriscono nei mesi estivi da giugno a settembre, i frutti sono bacche oblunghe globose edùli, con arillo carnoso contenenti numerosi semi.[...]

Ho trovato anche questa pagina web che tratta solo di Passiflora, un sito dalle immagini bellissime queste

Non sapevo che il nome attribuito a questi fiori fosse di origine religiosa, e voi?

mercoledì 8 luglio 2009

Verità e falsità........



È difficile sapere cosa sia la verità, ma a volte è molto facile riconoscere una falsità......

Einstein, Albert

lunedì 6 luglio 2009

Enallagma cyathigerum, Libellula.......


Queste immagini le ho scattate alcuni giorni fa vicino casa mia, mi ha attirato l'eleganza con cui si è posata su quel che rimane di un fiore, le sue ali, sembrano ricamate .......... avevo con me la macchina fotografica e ho potuto scattare qualche foto

Ma cosa sarà?
E' la prima domanda che mi sono posta, ho immaginato si trattasse di una libellula, ma non immaginavo che le libellule.........

Giancarlo Castello scrive:


Gentile Roberta, se le farfalle hanno appetiti vegetariani e quindi, checchè se ne dica, sono tendenzialmente dannose, le libellule, altrettanto conosciute in generale come nome, ma non abbastanza nei dettagli, sono invece carnivore, quindi molto utili, come tutti gli insettivori. Se pochi conoscono le diverse specie di farfalle, pochissimi le diverse specie di libellule. Eppure anche un bambino ne riconosce la caratteristica forma. Sono insetti dal volo potente e leggero, capaci di catturare una grande quantità di insetti. Come le farfalle hanno due vite, ma articolate in modo diverso. Molti insetti carnivori si nutrono anche nella fase adulta. I piccoli delle libellule, molto diversi dai loro genitori, vivono sott'acqua. Sono esseri molto voraci, anche feroci, dal punto di vista delle loro vittime (a volte anche piccoli pesci). Possiedono una bocca doppia che scatta in modo telescopico (è stata copiata nel famoso mostro della serie dei film di Alien). In Italia esistono 88 specie diverse di libellule, molte delle quali presenti nella nostra zona. Appartengono all'Ordine degli Odonati, suddiviso in due sottordini: Anisotteri e Zigotteri. Al primo appartengono le libellule delle acque ferme (vasche e stagni), con occhi grandi, saldati insieme, corpo robusto, ali aperte ad aereo durante il riposo. Al secondo le libellule delle acque correnti (ruscelli, torrenti e fiumi) con occhi distanziati (a martello) più piccoli, corpo smilzo e ali chiuse a libro durante il riposo. Detto questo possiamo dire che il bell'esemplare della foto è uno Zigottero. Si tratta di una femmina (il maschio è azzurro) appartenente alla Famiglia dei Coneagrionidi che consta di 19 specie. Il suo nome è Enallagma cyathigerum. La femmina di tipo verde è molto più rara da osservare. Spesso presenta colore diverso e può essere anch'essa azzurra o giallastra. Il corteggiamento avviene nei prati, dove i maschi e le femmine si soffermano per molte ore. Quando la sposa rimane incinta si reca al più presto sopra le acque e spesso in parte vi si immerge per depositare le uova. Lo sposo rimane nelle vicinanze. A differenza di quasi tutti gli Zigotteri questa specie può deporre le uova anche nelle acque ferme e fa quindi eccezione. A Isolabona è abbondante sulle sponde del torrente.

P.S. - allego la foto di un esemplare maschio



Conoscere il mondo che ci circonda inizia ad affascinarmi sempre più, in questa stagione abbiamo l'imbarazzo della scelta per osservarlo alla grande.......e voi dopo che leggete i miei post dedicati a questo mondo, lo guardate con più attenzione?
Io questa mattina mentre annaffiavo un vaso, ho scoperto un suo ospite mimetizzato tra i fiori, i suoi colori erano bellissimi, il suo aspetto un po' meno....per me!!!

Vi segnalo un link questo, i cui autori si dedicano allo studio del territorio di Pompeiana, Pietrabruna e Castellaro dal punto di vista storico, faunistico e della flora, questa è una pagina dedicata alle libellule.......
Fateci un giro perchè merita di essere visitato soprattutto per come gli autori raccontano il loro territorio.

sabato 4 luglio 2009

Ve le ricordate le mie Lunarie annue? Ecco come si sono trasformate.

Oggi finalmente ho potuto fare delle mie Lunarie, medaglie del Papa, un bel vaso di fiori secchi......
Ve li ricordate i fiori delle lunarie nel mio girdino?
Ebbene hanno raggiunto la loro ultima fase, quella della completa maturazione con la completa essicazione del gambo, momento ideale per rimuovere la doppia pellicola che racchiude i semi e liberare la sottile membrana che sembra una madreperla e metterle in un vaso.........questo è il disultato!!!
 
 

Ne ho trovate parecchie piante nate spontaneamente lungo il torrente, ne ho raccolte alcune e regalate alla mia amica Francesca da mettere in negozio.......spero abbia gradito, non le ho però detto che le lunarie nel linguaggio dei fiori stanno significare ricchezza negli affari..........appena la vedrò la metterò al corrente!!!

venerdì 3 luglio 2009

A volte uno sguardo esprime più di mille parole

A volte, non so se anche a voi è già capitato, intercetti certi sguardi che esprimono più contenuti di mille parole.......

Questo è quanto mi è capitato nel tardo pomeriggio di oggi, uno sguardo penetrante, a voler significare "....mi dai fastidio!!!"

A me piace respirare questa aria, guardare ciò che ci circonda, ammirando i fiori e i piccoli animali che li abitano, apprezzare il bello e commentare il brutto, cercare di capire, dopo averla letta la nostra storia con i nostri personaggi, parlare delle nostre tradizioni e raccontarle a tante persone, mi piacciono i colori, non quelli sgargianti ma quelli tenui con le loro sfumature........


Mi piace leggere ciò che scrivono i tanti amici che ho conosciuto in questa esperienza, con loro mi confronto, quando ho qualcosa da dire e anche se il mio modo di pensare non è coerente con il loro, poco importa, questo è vuol dire sapersi mettersi in gioco.........

E si confrontarsi, mettersi in gioco con altre persone per lo stesso scopo.........capire e ragionare per ottenere lo stesso risultato...........ma purtroppo non tutti sono disponibili a confrontarsi e a condividere le idee altrui, questo a casa mia si chiama egoismo, io adoro l'altruismo!!!

L'estate passerà in fretta e le lunghe e umide giornate autunnali e invernali torneranno, lasciando il posto alla desolazione e all'abbandono..........di questo ne sono sicura!!!

Trovo che sia come l'innamoramento tra due persone, inizialmente tutto fila alla grande, poi con il tempo, se non crei le condizioni e gli stimoli adeguati, la coppia scoppia.........

giovedì 2 luglio 2009

Charaxes jasius, farfalla a due code.

  
Il mondo che ci circonda ci regala forme e colori unici nel suo genere, i fiori come i piccoli animali che in questo periodo popolano le nostre campagne attirano la mia attenzione.
Due settimane fa mi è capitato di fotografare una farfalla bellissima, si è posata proprio vicino a me e fotografarla è stato molto facile, è questa.  

 
Vicino a me si trovavano dei bambini tra cui il mio e anche loro sono stati rapiti dalla bellezza di questa farfalla, si tratta di un esemplare di Charaxes jasius, conosciuta come la farfalla a due code.
Come già avete avuto modo  di leggere, mi avvalgo della consulenza di Giancarlo Castello, entomologo molto conosciuto dalle nostre parti e non.....gli ho così inviato la fotografia e lui, mi ha fatto avere una scheda molto dettagliata relativa a questa farfalla.


Giancarlo Castello scrive:
[...]

Gentile Roberta, la bellissima farfalla di questa foto è considerata una delle più belle d'Europa, un po' per le sue dimensioni (specie diurna tra le più grandi d'Italia), un po' per le macchie vellutate, davvero stupende, poste nel lato sottostante delle ali, mentre al di sopra, a parte i bordi di un arancio luminoso, si presenta scura, marrone brillante. Il suo nome scientifico è Charaxes jasius, conosciuta come la farfalla a due code. Fa parte della Famiglia delle Ninfalidi che, tra i Lepidotteri, raccoglie specie tra le più belle e appariscenti, tra cui le famose Vanesse. Sulle farfalle ci sarebbe tantissimo da dire. Ad esempio che la loro vita è intelligentemente divisa in due periodi distinti, utilizzando aspetti corporei adatto allo scopo. La prima fase, che s'incarica di accumulare energie, è svolta dal bruco, un mangiatore per antonomasia, che divora in continuazione parti della pianta madre (in generale ogni specie si nutre sempre dello stesso vegetale). Dopo la transizione nella crisalide (struttura fantascientifica all'interno della quale il corpo si liquefa per mutare in qualcosa di completamente diverso) il nuovo essere non si nutre più, almeno nel senso classico della parola. Infatti non ha una bocca ma una spiritromba, con cui succhiare il nettare, sostanza non proteica, solamente energetica, utile alle ali. Queste ultime sono la struttura indispensabile affinchè maschio e femmina s'incontrino a distanza. Scopo esclusivo di questa fase, infatti, è la riproduzione. Sul nostro lepidottero c'è poi da dire qualcosa che certamente sorprenderà chi è abituato a considerare le farfalle delicate creature dei fiori. La Charaxes non è interessata alle cose dolci, come la maggior parte delle sue consimili, bensì alle sostanze in putrefazione della frutta e, colpo di scena, ai sali minerali contenuti nello sterco di animale! Non fate quella faccia disgustata. Se non ci fossero questi insetti, comprese mosche e stercorari, chi farebbe da spazzino, eliminando in fretta sostanze tossiche e cattivi odori? Come già detto ogni bruco ha la sua pianta madre. Per trovare una certa specie, bisogna conoscere il luogo dove la femmina deporrà le uova. La pianta madre del bruco della Charaxes è il corbezzolo (Arbutus unedo), pianta che predilige i terreni acidi, non troppo grande, che d'autunno produce frutti rossi, rugosi, non eccessivamente ricercati, comunque mangerecci. Anche su questo vegetale ci sarebbe molto da dire, soprattutto sulle utilissime sostanze medicinali in esso contenute, ma non voglio invadere il campo del dottor Moreschi, che conosco e che stimo da vecchia data. La specie in questione non può dirsi comune. Fino a una decina d'anni fa era molto difficile vederla. Attualmente sono riuscito a studiarne alcuni esemplari, specialmente nella zona di Isolabona, ma anche di Rocchetta e di Montenero, nei luoghi dove abbonda il corbezzolo. Giancarlo
[...]

La cosa che più mi ha colpito in questa scheda è sapere che il bruco della Charaxes vive solo sulla pianta di Corbezzolo, pianta a cui ho dedicato uno dei miei primi post dedicati ai fiori spontanei della Liguria qui.




 Come al solito ringrazio Giancarlo per le preziose informazioni e per come sa accompagnarci alla scoperta di questo mondo affascinante, sconosciuto per me fino a pochi mesi fa........ che ha attirato la mia attenzione e che non intendo abbandonare, anzi, vi premetto che presto vi parlerò di una libellula bellissima............femmina;)