lunedì 23 giugno 2014

Thomisus onustus la maga dei colori.


Ieri pomeriggio ho fatto una passeggiata sulle alture di Isolabona, da Permean alla Marra. Considero questo tratto molto interessante per scattare fotografie naturalistiche, non ho percorso la vecchia mulattiera ma la strada carrozzabile (poco transitata) poiché sul ciglio di questa nascono parecchi fiori che attirano varietà disparate di insetti. Giunta alla Marra sono stata attratta da una farfalla posata su di una Vedovella, stranamente non è scappata e ho subito capito che c'era qualcosa di strano. Ecco, un ragno l'aveva catturata ed immobilizzata. Devo dire che subito non l'avevo visto il ragno perché il suo mimetismo, a circa un metro di distanza, è sorprendente. Ho inviato la fotografia a Giancarlo Castello che ha redatto una scheda molto interessante. Si tratta di un ragno il cui nome è Thomisus onustus, è una femmina e la sua capacità di assumere il colore del fiore che la ospita è impressionante...un mimetismo micidiale per le sue vittime.
È la sopravvivenza che induce a questi comportamenti nel mondo animale, una catena che non va interrotta. Sono in tanti a chiedermi se libero le prede quando documento queste situazioni, ebbene non lo faccio perché andrei contro natura!
Di seguito la scheda di Giancarlo Castello.


LA MAGA DEI COLORI di Giancarlo Castello

Gentile Roberta, questo ragno, Thomisus onustus è il suo nome scientifico, non solo è considerato altamente interessante, ma la sua Famiglia, quella dei Tomisidi, (che comprende 66 specie) tra le 45 Famiglie italiane, ha escogitato un sistema di vita davvero affascinante. A differenza di quanto si possa pensare i ragni che tessono la classica tela a raggiera, detta “orbicolare” rappresentano la minoranza. Alcuni, addirittura, non sono capaci di confezionare neppure uno scarabocchio di filo.

martedì 17 giugno 2014

Rhinocoris iracundus.

Per chi come me ama la fotografia naturalistica, i Rovi sono una fonte inesauribile di scatti. Ieri pomeriggio nei pressi di casa mia, mi sono soffermata ad osservare tra i fiori e le foglie quando, su un fiore, ho notato una strana attività. Due insetti in fase di accoppiamento con però una preda intrappolata. Grazie a Giancarlo Castello, entomologo e studioso di natura in generale, sappiamo di cosa si tratta. Rhinocoris iracundus questo il suo nome appartenete alla Famiglia dei Reduvidi, Ordine degli Emitteri. Di seguito una scheda che ci fa conoscere meglio questo Emittero redatta da Giancarlo Castello che ringrazio per la sua collaborazione.



Gentile Roberta, molto interessante la foto del predatore che compie due azioni insieme. Vale la pena di parlarne, dato che si tratta di una cimice assassina davvero particolare. Quella che perfora un'ape con il suo rostro è la femmina, l'altro è il maschio che si appoggia a lei per fecondarla. La specie appartiene alla Famiglia dei Reduvidi, Ordine degli Emitteri. Il suo nome, Rhinocoris iracundus, evoca la violenza che è in grado di esprimere nel suo piccolo. Possiede infatti un rostro pungente-succhiante che parte dalla testa e si allunga attraverso tutto il corpo, fino all'estremità. Con esso sferra delle sciabolate letali agli insetti che cattura (per questo è considerato utile all'agricoltura) e non risparmia nemmeno noi, con effetto molto doloroso se gli capitiamo a tiro, ma senza conseguenze. La preda viene aspirata e svuotata internamente finchè non ne rimane che un cartoccio secco. Una particolare caratteristica dei Reduvidi è la capacità di stridulare con lo strofinio di uno speciale solco posto sul petto. Un suo diretto parente, che per fortuna non esiste da noi, il Triatoma infestans, è responsabile in molto paesi tropicali di gravi malattie. Le case povere con pareti rivestite di canne o liste di legno sono spesso completamente invase dal parassita che, in quel caso, essendo ematofago si nutre del nostro sangue Potremo trovare il Rhinocoris nei prati soleggiati e poco umidi fino alla fine della calura estiva. Giancarlo Castello

Di seguito due immagini inviatemi da Giancarlo Castello.




lunedì 9 giugno 2014

Leucanthemum discoideum, il fiore senza petali.

Capita passeggiando in questo periodo sui nostri sentieri di incontrare dei fiori senza petali, all'apparenza è come se fossero delle margherite a cui sono stati strappati tutti petali. Si tratta del Leucanthemum discoideum "vittima" della bizzarria della natura.  A me piacciono molto nella loro semplicità, le cose bizzarre non è detto che debbono essere per forza brutte o negative.

Di seguito una scheda di Alfredo Moreschi. 


Leucanthemum discoideum.
Di Alferdo Moreschi

Il Genere Leucanthemum (letteralmente "bianco fiore" per il colore predominante nelle ligule, quando esistono) è attualmente il gruppo di ex Chrysanthemum più affollato perché annovera in Italia diciassette specie, nove delle quali spuntano anche in Liguria, compreso l'originalissimo ed esclusivo Leucanthemum discoideum, un capolino unicamente formato dai fiori tubolari e raramente circondato da qualche ligula.  
Di questa bizzarria della vegetazione locale parla con divertito interesse George Comeford Casey dedicandole gran parte del capitolo XXII° di Riviera nature notes, dedicato al famoso (allora) Vallon des fleur vicino a Nizza, meta di escursionisti ottocenteschi desiderosi di avvicinarsi alla sfolgorante flora della Riviera. “Ora prenderò dal margine di un bosco ceduo un vero e stranissimo "fiore": il Plagius (oggi Leucanthemum discoideum) che non esito a invitarvi a chiamare "Il bottone dello scapolo" o con qualche similare appellativo; ma, per quanto ne sappia, non possiede alcun battesimo popolare.
Se si desidera sapere a quale altro fiore assomigli, basta prendere una comune margheritina "Occhio di bue" e privarla di tutti i petali bianchi (i fiorellini del raggio) come fa la povera Margaret nel "Faust", conservando il solo disco color arancio; il risultato è precisamente identico all'aspetto di alcuni appartenenti al genere Plagius. Se lo si mostra ad un amico, certamente esclamerà ridendo: "Ha, ha, so bene cosa hai fatto a questo fiore. Non è bello usare i tuoi trucchi su di me!". 
Si trovano anche illustri botanici che definiscono i Plagius una autentica mostruosità, una miserabile deformità, una Margherita privata del suo collare per qualche capriccio curioso della natura. 
Ma se questo bottone arancione fosse realmente una mera mostruosità, dovrebbe tendere, dopo l'avvenuta variazione, a regredire tornando al tipo originale, come accade a tutti i vegetali. 
Invece di ciò, è stato dimostrato che si trovano fiori di Plagius provvisti di ligule, ma de tutto diverse da quelle del Leucanthemum. La pianta è particolarmente abbondante nella valle del Vesubie, appena oltre Levens. 
Il carattere distintivo delle specie regolarmente raggiate del Genere Leucanthemum è dato dal ricettacolo piano convesso, dagli acheni a dieci coste regolari con cellule mucillaginose alternate a canali resiniferi nelle depressioni.

Leucanthemum discoideum All. (Sin. Chrysanthemum discoideum All.  Plagius virgatus D.C. VI- VIII Nasce nei luoghi aridi dei ponente sino ai 1700m). ha fusti semplici o ramosi inferiormente; alti sino ad 70cm che portano nella parte bassa numerose foglie lineari o lanceolate a denti acuti e mucronati. E’ facilmente riconoscibile per la mancanza di fiori ligulati nei capolini gialli il cui involucro ha le squame differenti: esterne corte e triangolari, le mediane più allungate e le altre oblunghe, strette a punta ottusa.   

Come raccoglierli e coltivarli   
Il trapianto dalla vita spontanea è facile come lo è la semina se si ha la pazienza di ricercare gli acheni maturi nel tardo autunno.  
Queste piante sono talmente diffuse in tutta la regione da non temere l’impoverimento del patrimonio botanico ligure.  

sabato 7 giugno 2014

Phalacropterix apiformis.


In questo periodo mi reputo un'osservatrice e fotografa naturalistica fortunata. Domenica sono incappata in una orchidea rara, questa, mentre giovedì ho fotografato questo bozzolo, anch'esso appartenente a una rara falena. Scoprire a cosa si riferisse, non è stata cosa semplice ma, grazie alla conoscenza personale di Giancarlo Castello, ho ricevuto molto di più che una semplice risposta, una scheda dettagliata che condivido con voi. 

Giancarlo Castello scrive:

Carissima Roberta, sebbene sia circondato da richieste di consulenze e seppellito da mail, spesso poco interessanti, devo dire che non posso fare a meno di rispondere a questo quesito, così sfizioso, così bello e per me oltremodo affascinante. 
Si può dire che nel mondo delle farfalle, per meglio dire in questo caso delle falene, non ci sia creatura così unica e strana. La foto mostra apparentemente un comune bozzolo di qualcosa, senza rivelare molto di sé, come spesso accade a chi non osserva attentamente. Ma stavolta non si trattava di un’osservatrice distratta e, giustamente, la curiosità ha prevalso. 

martedì 3 giugno 2014

Himantoglossum hircinum, il Barbone.


Ieri pomeriggio nel mio prato d'osservazione, ho fotografato un'orchidea terricola chiamata 'Himantoglossum hircinum, il Barbone. Si tratta di una orchidea rara e il fatto che sia nata vicina a casa mia lo considero un segnale. Infatti la seconda parte del suo nome, glossum, è servita ai sistematici per rimarcare la somiglianza ad una biforcuta lingua umana. Mai come in questi ultimi mesi mi sono resa conto di quanto le "lingue biforcute" siano pericolose nel creare disinformazione e soprattutto nel ferire la dignità delle persone. 
Ringrazio come sempre Alfredo Moreschi per avermi inviato e concesso l'utilizzo della scheda botanica che potrete leggere di seguito.


Il Barbone   
(Specie del Genere Loroglossum, Himanthoglossum) 
Lorogossum hircinum: Antoin-a a Genova,  Erba biscioea a Ronco.

La forma molto originale del labello trifido, talmente lungo da apparire spropositato, il cui lobo centrale è simile ad un esteso nastro attorcigliato, ha suggerito la denominazione per il Genere mono specifico di Orchidee terricole Loroglossum. 
Infatti, nel latino antico il termine "lorum" significava letteralmente cinghia, mentre la seconda porzione del termine ("glossum") è servita ai sistematici per rimarcare la somiglianza ad una biforcuta lingua umana.
Per completare le notizie legate al nome di questa rara e singolare pianta c'è da ricordare anche l'esistenza di un'altra denominazione, oggi valida solamente come sinonimo accettato di Genere: è sempre riferita al lungo labello, ma la prima porzione del termine Himantoglossum, in questa seconda versione,  significa esattamente nastro.