mercoledì 16 settembre 2009

I Crochi autunnali, Colchicum autumnale

Domenica, facendo un giro negli incolti vicino a casa mia ho trovato tra l'erba secca dei fiori la cui apparenza mi trasmetteva molta delicatezza.
Mia suocera me ne aveva parlato il giorno prima raccontandomi che nelle campagne di Treixe ne sbocciavano moltissimi e camminando nel bosco tra i castagni  sembrava che ci fosse un tappeto rosa viola............
Sono così andata alla ricerca di questi fiori, animata soprattutto dalla voglia di fotografare, forse uno degli ultimi fiori di questa estate che sta svolgendo al termine......
 
 
Ma come si chiamano?
Ho così inviato una mail ad Alfredo Moreschi, il fotografo storico di Sanremo, grande appassionato di fiori  che anche questa volta ha collaborato inviandomi una scheda molto dettagliata relativa a questo fiore, e anche questa volta potremo leggere cose meravigliose, ancora una volta potremo capire quanto la forza della natura sia grande anche se la sua espressione, come in questo caso, è un piccolissimo e fragile fiore......

Alfredo Moreschi scrive
[...]
I Crochi autunnali

Specie dei generi Bulbocodium, Colchicum, Sternbergia

Colchicum autumnale: Cancaxoea e Safràn servaegu a Genova, Fregiurine a Bardineto, Pourasse o Sciu da purassa nel ponente, Lumi da mortu al Monte Armetta.




 Delle quattro specie incluse nella flora spontanea della Liguria una sola, il Colchícum autumnale, si dimostra ancora utile per l'economia umana; viene chiamato "Zafferano selvatico" in molte regioni d’Italia, ma appartiene alla Famiglia delle Liliacee e non a quella delle Iridacee, dove sono compresi i Crochi, dei quali imita perfettamente la forma.

In tema di duplicati è doveroso segnalare anche la presenza in Liguria di un altro pseudo Croco, la Sternbergia lutea chiamata "Zafferanastro" dagli italiani, inconfondibile per il fiore color oro.

Dioscoride in De Medicinali Materia ed il poeta Nicandro nelle sue Georgiche, sono i due autori che per primi hanno usato la denominazione Colchico, derivandola dalla mitica Colchide e rivelandone contemporaneamente gli sgradevoli effetti venefici quando affermano che "la pianta produce sui corpi  rossore e caldo eccessivo, e provoca dei vomiti con laceramento di visceri e di intestini”.

Secondo la mitologia classica, sarebbe stata proprio Medea, in quella lontana regione, a provocarne la comparsa nel mondo; mentre stava distillando una delle sue misteriose pozioni, alcune gocce cadute sul terreno avrebbero originato  i primi Colchici della storia.

Sugli effetti della colchicina, si sono alimentati dubbi a lungo dibattuti: se fosse, cioè, effettivamente così letale come si diceva o se in qualche modo potesse rivelarsi utile all’uomo.

Bartolomeo Clarici, infatti, scriveva con fiducia:“Portare un bulbo appeso al collo durante una pestilenza riesce di valido preservativo, come nell'ultima peste di Amburgo e in altre maligne epidemie".

Non sapendo ancora che la concentrazione dei princìpi nelle piante è maggiore o minore a seconda delle stagione, Clarici esprimeva la sua perplessità:”Il Colchicum in occidente ha mutato natura; forse perché in questo clima non possa cuocersi a perfezione il succo, o che il sole non sviluppi quella qualità venefica, o che la terra non gli somministri sali e sugo di quella malignità che ha al suo paese. Qui è stato osservato non essere più il suo bulbo tanto nocivo come quelli che nascono nella palude Meotide e nei prati o nelle valli del Caucaso”.   

Nei secoli scorsi a queste minuscole Liliacee furono conferiti nomi diversi come "Ermodattili" o "Efemeri" ed il Colchicum autumnale, il più noto fra tutti, fu soprannominato anche "Zafferano bastardo", sempre per la sua notevole somiglianza con il Crocus sativus dai cui stami si ricava la nota, carissima e sofisticatissima polvere di Zafferano.

Resta da commentare il singolare "Lumi da Morto", inventato nei pressi dei Monte Armetta, un nome che giustamente ricorda come i Colchici siano piante dei freddo, annunciatrici dell'inverno, e dell'approssimarsi della commemorazione annuale dei defunti.

Questa caratteristica di fiori tardivi li ha resi preziosi per l'orticoltura ornamentale, guadagnando loro il valore emblematico di fiori della meditazione e dei rimpianto, nonostante vi sia chi li elegge a simbolo della perversità ricordandone la potenzialità venefica.

In genere il bestiame di grossa mole, forse respinto dal sapore piuttosto acre, evita accuratamente di nutrirsi dei loro fiori, mentre pecore e capre li brucano impunemente restando indenni, ma fornendo un latte cattivo.
I cacciatori francesi hanno erroneamente coniato per il Colchicum autumnale, il battesimo di "Ammazzacani" credendolo responsabile della fine di molti segugi trovati avvelenati; è probabile, infatti, che queste morti siano state provocate dalla diffusa consuetudine di impregnare i bocconi, destinati agli animali nocivi, con le sostanze contenute nei semi e nei bulbi di queste piante. 
A questi principi si fa risalire l'interesse degli erboristi per il Colchicum autumnale.
Essi lo impiegarono, sino dal lontano Medio Evo, contro i parassiti delle bestie e dell'uomo, in particolare nella lotta alle pulci ed ai pidocchi. “Con un'oncia di radice lasciata in lenta infusione in una libbra di aceto e poi digerita a fuoco lento - si legge nei manuali dell'epoca - si prepara l'aceto di Colchico; aggiungendo il doppio di miele si ottiene l'ossimele di Colchico, preferibile al primo per l'uso dei medico. E’un eccellente rimedio nell'idropisia, nelle malattie pituitose dei petto e nella podagra. La radice porta via le verruche ed uccide i pidocchi”.

Il Colchico è dunque da considerarsi una pianta velenosa proprio per la presenza di quell’alcaloide chiamato colchicina che pochi anni or sono aveva acceso molte speranze per una efficace lotta contro tutti i tumori maligni. La cosa è vera solo in parte perché studi molto recenti hanno accertata l'efficacia della colchicina nei pazienti affetti da cirrosi associata ad epatite virale, i quali sviluppano il cancro al fegato in minima percentuale rispetto ai non trattati. Questa sostanza, inoltre e sempre con le dovute cautele, continua ad essere fra i componenti di vari preparati medicinali che trovano la principale applicazione nella cura della gotta e delle disfunzioni renali. 

La colchicina, è un principio attivo tossico dal sapore amarissimo ed inodore, presente in tutta la pianta, ma con maggior concentrazione nei semi e nella cuticola del bulbo; da quest'ultimo si può estrarre la polvere dopo averlo dissotterrato a luglio e fatto seccare. Le altre sostanze riscontrate sono: tannino, inulina, amido, resine ed un olio grasso.

I semi , nei quali si trovano anche acido gallico, zuccheri, fitosterina, tannino, un olio e amido, usati per l’estrazione della Colchicina si raccolgono in estate mentre il bulbo si estrae alla fine d’agosto quando raggiunge il maggior tasso di tossicità.

La colchicina che agisce specificatamente sulla circolazione capillare e sulle cellule, ha trovato spazio anche nella biologia vegetale perché, trattando i semi delle piante con questa sostanza, si è ottenuto il raddoppio dei cromosomi e quindi si è dato vita a varietà di fiori sorprendentemente appariscenti ed a frutti migliorati; i semi trattati con la colchicina sono in vendita sotto la sigla commerciale F l.

I trattati di medicina, anche in questo caso, avvisano gli operatori del settore su una possibile frode a riguardo dei semi di Colchico, talora alternati con quelli di Senape dai produttori disonesti.

Resta da aggiungere, come pura curiosità, che nel Medioevo le fattucchiere, facendo bollire fiori di Colchicum per una decina di minuti in mezzo litro d'acqua, preparavano un decotto per migliorare la carnagione e liberarla dalle impurità; date le caratteristiche della pianta, doveva agire come una specie di "peeling" ante-litteram.

Inoltre, secondo quanto attesta Linneo, un decotto di foglie di serviva sia per liberare uomini e bestie dai pidocchi, sia per tingere di un verde smorto le reti di pescatori e cacciatori e perfino per decorare le uova di Pasqua.

Le specie ascritte al genere Colchicum appartengono alla Famiglia delle Liliacee o Colchicacee a seconda delle particolari visioni dei botanici e si riconoscono nella vita spontanea come piante erbacee perenni con il bulbo fortemente piantato nel terreno.

Esso è carnoso emisferico canalicolato sulla faccia piana, mollemente ricoperto da tuniche; lo scapo molto breve è sotterraneo.
Le foglie sono lanceolate o lanceolato- lineari, inguainanti alla base, ed i fiori, rosei, lillacini, più raramente giallo-screziati, possono comparire isolati oppure raggruppati per 2 o per 3, quasi sempre assai prima dell'emissione delle foglie.  I 3 sepali ed i 3 petali, liberi nella parte superiore, sono invece saldati alla base in un tubo lungo sino a 30 cm che rimane in gran parte internato; gli stami sono 6, si attaccano sul calice e sulla corolla, immediatamente al di sopra della porzione tubulare dei perigonio ed hanno le antere molto più brevi dei filamenti. Gli stili sono 3 ed appaiono ben separati fra loro.

Al Genere Colchicum appartengono oltre una cinquantina di specie diffuse in Europa, Asia occidentale ed Africa settentrionale.  In Liguria nascono:
 
Colchicum autumnale L. (VIII- IX. Vive nei prati e nelle schiarite sino ai 2100m). Ha bulbo ovale e carnoso, avviluppato da tuniche nerastre, grande quanto una noce e lungo sino a 7cm. Le foglie sono lunghe sino a 40cm, usualmente in numero di tre, hanno forma lanceolata e vengono emesse nella primavera successiva all’antesi, seguite dall'apparizione della capsula ovoidale contenente moltissimi semi. I fiori, in genere da 1 a 3, presentano un tubo chiaro, svasato con corona rosa-lillacina non variegata; sono avvolti da una spata ad ali membranose. Le antere sono gialle, i tre stili eretti. Molto simile è:
- Colchicum neapolitanum Ten che vive ad altitudini massime di 1300m; ha bulbo lungo 35mm. foglie lineari lanceolate e capsula ellittica allungata. 

Colchicum cupani Guss. (Sin.  Colchicum bertolonii Stev. (IX-XI. Vive nei pascoli aridi sino ai 1800m) E’ l'unica specie ad emettere contemporaneamente foglie e fiori. Ha bulbo ovoide e foglie verde-glauco, lanceolato- lineari ed eretto- patenti, lunghe sino a 16cm e larghe 25mm. I fiori, solitamente solitari (a volte sino a quattro) sono rosei ed hanno il tubo lungo sino ad 11 cm. Le antere sono color porpora e la capsula  è ellissoidale. 

Colchicum alpinum Lam (VII-IX. Vive nei pascoli aridi sino ai 1800m). Ha bulbo ovoide e fiori, in genere 1 o 2, lillacini, a tubo lungo sino a 14 cm che nascono prima delle foglie; queste solitamente sono 2-5, lineari- spatolate più o meno ottuse, lunghe sino a 28 cm e larghe 22 mm. Le antere sono gialle e la capsula è ovoide. 
 
Colchicum vernum Ker.Gawl. (Sin Bulbocodium vernum L. II- IV. Vive nei prati aridi dai 600 ai 1900m). Ha un bulbo a tuniche scure,. I fiori, in genere 1-3, lillacini, hanno tubo corto con tepali lunghi e convoluti, liberi alla sommità ed arrotondati. Le foglie sono presenti alla fioritura ed avvolgono i fiori alla base, sono larghe sino a 3cm. e lunghe sino a 20cm. Lo stilo è a sezione tonda e diviso in punta in 3 stimmi. 

 

Come raccoglierli e coltivarli 

Il terreno più confacente alle caratteristiche dei Colchicum è quello composto da argilla e silice arricchito da stallatico maturo. L’esposizione è indifferente purché non sia completamente priva di irradiazione solare e non manchi l'umidità.

I bulbi vanno messi a dimora alla fine dell’estate ad una profondità di cm 10-15 fra la cima del bulbo e la superficie, alla distanza di un palmo abbondante l’uno dall’altro.

Per molti anni non vanno rimossi a meno che non si noti un calo di fioriture. In questo caso, alla morte delle foglie, verso la fine di giugno, i bulbi vanno riposizionati alla distanza ideale.

La moltiplicazione per seme richiede l’abituale pazienza che occorre quando si parla di bulbose perché, effettuata la semina si deve attendere un anno per veder spuntare qualcosa e ben 60 mesi per i fiori.

Non è possibile la sua coltivazione in vaso ma è simpatico alloggiare temporaneamente alcuni bulbi in un recipiente largo e piatto, su un poco con sabbia e muschio bagnato per farli fiorire in casa. Queste bulbose nascono ancora con una certa frequenza nei nostri prati collinari e montani dove è bene farli sopravvivere cercando unicamente di prelevarli quando siano stati dissepolti dai troppo frequenti interventi dei cinghiali.[...]
                                           Crocus Medius foto A Moreschi

Domenica è stata l'ultima giornata in cui abbiamo visto un po' di sole, sono tre giorni che un tempo grigio e piovoso ci fa compagnia............senza esagerare nelle piogge.
L'estate stà giungendo al termine e sono contenta di essere riuscita a fotografare questo fiore.
E come già letto nella scheda:


"Questa caratteristica di fiori tardivi li ha resi preziosi per l'orticoltura ornamentale, guadagnando loro il valore emblematico di fiori della meditazione e dei rimpianto, nonostante vi sia chi li elegge a simbolo della perversità ricordandone la potenzialità venefica."

Io sono per la prima interpretazione, ovviamente...............

13 commenti:

  1. Odoro i fiori di croco che, in passato sono stato oggetto di un mio post. Anche dalle mie parti ce ne sono tanti che spuntano nelle campagne, tra l'erba. Ho provato anche a piantere dei bulbi che mi hanno regalato delle splendide fioriture.
    Buona serata.

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  2. anche io adoro i fiori e questi sono bellissimi

    buon giovedì

    ^________^

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  3. mi piacciono perchè annunciano la stagione autunnale, stagione che adoro per i suoi colori e i suoi profumi...

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  4. Non li ho molto presenti, ma so di averli già visti.
    2 gironi di cielo nuvoloso non indicano la fine dell'estate: la pioggia è stata una manna, ne verrà dell'altra, ma qui da noi prima di dire: "l'estate è finita" bisogna aspettare. Domani inizia la "luna di settembre" e secondo me avremo ancora un tempo abbastanza estivo... Qui accade, più che in altri posti.

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  5. Roberta, la natura è maestosa, ogni angolo di questa terra è suo.
    Belli i fiori, la spiegazione e bella la fotografa.
    Un bacio.

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  6. Ciao Roberta,
    interessante questo post perchè ricorda di non sottovalutare mai niente e nessuno.
    Guarda quante cose ha da dire di se questo piccolo e semplice fiorellino.....

    Ti auguro una buona giornata nonostante la pioggia...speriamo in una tregua almeno nel weekend.

    un abbraccio (*.*)

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  7. Ne ho visti tantissimi la settimana scorsa, quando ho trascorso una giornata in montagna. Sono di uno splendore unico.

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  8. Sono molto belli e delicati, li conosco.
    Propendo per la prima ipotesi, Roberta.

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  9. Certo che a leggere un post come il tuo con l'entusiasmo che dimostri per quel bel fiore, con le dotte spiegazioni degli esperti e con le tue belle foto non può che spingerci ad amare sempre di più la natura e non oltraggiare l'ambiente.

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  10. Fiori di delicata bellezza.

    Rivolgi i miei complimenti ad Alfredo Moreschi per la bellissima e dettagliata scheda scientifica.

    Salutoni:)

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  11. è mereviglioso quando ti cade lo sguardo e li vedi...un abbraccio

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  12. Che meraviglie!!! Sono davvero bellissimi!!
    Ciao carissima, Buona Domenica
    Maria Rosa

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