martedì 3 novembre 2020

Gemellaggio tra Monaco e Dolceacqua, firmata oggi l'intesa tra le parti.

 

Foto reperita in rete

"Oggi, 3 novembre 2020,  il Sindaco di Monaco, Georges Marsan, ed il Sindaco di Dolceacqua, Fulvio Gazzola, sono stati ricevuti a Palazzo da S.A.S. il Principe Alberto di Monaco.

I due Sindaci hanno consegnato al Principe una lettera nella quale comunicano la volontà di sottoscrivere un gemellaggio tra le due comunità che avverrà il 3 novembre 2023.

Una data non casuale, bensì di importanza storica: infatti proprio quel giorno decorreranno i 500 anni dalla sottoscrizione di un patto di fedeltà firmato dai rappresentanti del Comune di Dolceacqua nei confronti della famiglia Grimaldi di Monaco. "


Con queste parole il Comune di Dolceacqua annuncia la firma dell'accordo per un gemellaggio con Monaco che avverrà appunto il 3 novembre del 2023.

Ma cosa accadde esattamente il 3 novembre del 1523?

Possiamo leggere un dettagliato resoconto scritto da Marino Cassini, lo storico e scrittore nativo di Isolabona e riportato nel suo volume All'ombra della Torre dei Doria nella parte prima della storia.

Il patto di fedeltà fu sottoscritto anche da Isolabona, questo prevedeva per lo più diritti per il Marchese di Dolceacqua e doveri per tutte le comunità che ne facevano parte.

Oggi la situazione è diversa, 500 anni non sono pochi; Sappiamo benissimo che questi avvenimenti hanno il fine di un ritorno d'immagine, sicuramente Dolceacqua riceverà un ritorno dal punto di vista turistico e di conseguenza economico. 

Come ho già più volte scritto, mi piacerebbe che tutti i paesi che facevano parte del Marchesato possano in qualche modo essere trainati da Dolceacqua che anche in questo caso si è rivelata essere la prima della classe mentre tutti gli altri restano fermi a guardare!


Il 3 novembre 1523 Avvenne:

[...] Sembrava  che  la  vita lungo  il  Nervia  avesse un  poco di respiro   e   cominciasse   a   prosperare,   sennonché le mire  espansionistiche di Bartolomeo Doria, nipote di Enrichetto, lo portarono ad aspirare al Principato di suo zio, Luciano Grimaldi, signore di Monaco. La parte iniziale dell’operazione (1523) sembrò favorire il Doria che riuscì ad uccidere lo zio con 32 pugnalate, ma alla pronta reazione dei Grimaldi, dovette desistere e fuggire. Rifugiatosi nel suo castello di Dolceacqua,  subì  l'assedio  posto da  un spedizione armata  organizzata dal vescovo   di  Grasse,  Agostino  Grimaldi,  fratello  dell'ucciso.  Bartolomeo, dopo aver resistito a lungo, abbandonò  Dolceacqua e si rifugiò prima ad Apricale e dopo in Francia. Il comune di Apricale fu semidistrutto mentre vaste devastazioni subirono i territori limitrofi, Isolabona compresa.

Nell’ottobre del 1523 il feudo venne posto sotto il comando di Bartolomeo Grimaldi che, nello stesso anno, ottenne il giuramento di fedeltà dei comuni di Dolceacqua, Perinaldo e Apricale/Isolabona. Detto giuramento ebbe luogo il 3 novembre del  1523 a Monaco, nel giardino degli  aranci, dove il  prelato aveva  fatto collocare  il suo seggio, evitando, così scrive il Rossi, di usare il salone del consiglio dove era avvenuta l'uccisione  di  Luciano   Grimaldi.

Per  Isolabona  erano presenti i sindaci Bernardo Noaro e Antonio Borfiga. Tutti  giurarono omaggio e  fedeltà  e, in ginocchio, dichiararono pure al prelato di riconoscere la signoria su Monaco, Mentone, Roccabruna, Dolceacqua, Perinaldo Apricale e Isolabona.

Quale Capitano Luogotenente del vescovo venne inviato a Dolceacqua Bartolomeo Grimaldi che subentrò nei diritti che erano stati dei Doria. Val la pena a questo punto, per meglio puntualizzare in che cosa consistevano i diritti feudali che gravavano sulle popolazioni, riassumere (data la sua lunghezza) ed estrapolare per il solo comune di Isolabona, alcune indicazioni che Nilo Calvini riporta con cura nel, volume Apricale (p.71).

Al Marchese di Dolceacqua erano riconosciuti i seguenti diritti:

- la decima sul grano consistente in “cinque salmate e mezza e meturali sette”; più la decima vino “sino alla somma di dieci salmate e non più a ragione di cinque pinte per  salmata”:

- la quarta parte di quanto percepivano i consoli per la loro attività sulle cause civili;

- aveva l’autorità sulle cause criminali fino alla condanna a morte;

- aveva la giurisdizione sulle acque e nessuno poteva costruire mulini o frantoi. I contadini avevano l’obbligo di macinare olive e grano solo nei mulini appartenenti al feudatario;

- donazione annuale di £.5 genovine in occasione della festa di Santa Lucia;

- obbligo triennale della Comunità di presentare a Natale due castrati, mentre i Consoli, i Sindaci, il Capitano delle Milizie dovevano portare volatili a discrezione.   In quell’occasione venivano invitati a colazione dal Marchese;

- obbligo per la Comunità di offrire a Pasqua  due capretti, mentre gli Ufficiali dovevano portare     uova a discrezione. Alla Maddalena l’obbligo era di 6 polli, 50 uova, due “cavagnole” di ricotta... e l’invito a colazione per le autorità locali:

- i macellai dovevano offrire ogni anno “due rubbi di grascia e due ossi... mediante pagamento di un soldo di Genova per ogni libra di detta grascia e soldi otto di detta moneta per osso”;

- ai possessori di bestie “asenine o mulatine” [asini e muli] era fatto obbligo di portare “una salmata legne per cad’uno” nelle feste di Natale “mediante la mercede di sei pani d’orzo per le bestie asenine e otto per le mulatine”;

- obbligo di lavoro nei possedimenti del feudatario con la paga di 11 soldi di Genova o con l’ammenda di uno scudo di multa in caso di disubbidienza;

- diritto a far legna in  tutti i boschi.

 

A questo lungo elenco di obblighi segue, nel documento, la lista dei possedimenti (fabbricati e terreni) del Marchese:

- Un castello (allora già in cattivo stato);

- due frantoi con un “gombo” per frantoio:

- un mulino con tre macine cui debbono far capo i produttori di granaglie di Isolabona e Apricale, “pagando di sedici uno”;

- una casa consistente in una stalla, due stanze al primo piano, situate sopra “all’intrata della crotta del ponte di detto luogo, confinanti nella parte superiore con Gio Batta Noaro, di fianco verso nord e verso sud con Antonio Veziano Debada e a est con gli eredi di Bernardino Boero”;

- una terra con orto e alberi in località Pian della Noce “confinante in testa una fascia di longo in  longo et una rippa della Comunità di Isola con la strada pubblica al di sopra di esse, di sotto il bedale de mulini, e nella fine di essi altra pezza di fascia della casa et altri particolari di detto luogo confinanti al di sovra di detto bedale”;

- Un prato nella zona Morinella;

- un prato alla Paperera con la Paperera [fabbrica della carta] compresa;

- una stanza vicino al Merdanzo, “sotto le lobbie della Comunità confinante con altra stalla di Maestro Antonio Cassini”;

- un castagneto in Altomoro e un terreno a Gunté.

 

Con la cacciata di Bartolomeo Doria e con l’insediamento dei Grimaldi, sembrò che i Doria non potessero più porre piede nella Val Nervia, ma l’ammiraglio Andrea Doria, passato dalla Francia alla Spagna, chiese ed ottenne dal sovrano spagnolo di annullare ogni atto contro il suo congiunto e di restituirgli il feudo di Dolceacqua. Il che avvenne nel luglio del 1524.

Il dominio dei Doria continuò così ancora per decenni e al governo del feudo si avvicendarono Imperiale Doria, suo fratello Stefano, Giulio Doria e un altro Imperiale.[...]

 

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