mercoledì 11 febbraio 2009

Antica ricetta per cucinare l'anguilla

Oggi ho iniziato a leggere il libro "La civiltà della forchetta, Storie di cibi e di cucina" di Giovanni Rebora, è molto interessante.....e devo dire grazie ad Annamaria per l'ottimo consiglio....

Questo post è il primo che dedico alla cucina, non è una ricetta moderna ma bensì una ricetta dell'epoca vissuta da Cristoforo Colombo dopo la scoperta dell'America.

Chi meglio dell'anguilla poteva dare inizio a questa serie di post......forse non tutti i mie carissimi visitatori sanno che Isolabona è la terra dei pescatori di anguille, tanto da esserci stata per molti anni una sagra ad essa dedicata guardate qui

Tra le ghiottonerie medievali l'anguilla godeva di grande prestigio.
Papa Martino IV (Simon de Brie) finì al purgatorio dantesco per questa sua debolezza:

[...]e purga per digiuno
l'anguille di Bolsena e la vernaccia.

La ricetta che riporto di seguito è quella dettata da Gentile Sermini nella novella in cui Ser Meoccio racconta al cuoco come vide confezionare una bella anguilla grossa:

[...]dirovvi la golosità ch'io gli vidi fare: Prima pellaro quella anguilla con l'acqua bollita e cavaro quello dentro, e mozzaro la coda e la testa, poi lavaro bene a sei acque, poi ne fecero rocchj agguagliati d'uno palmo l'uno o meno, e miserli in uno spedone con frondi d'alloro in mezzo tra rocchjacciocchè non sattaccassero insieme, e così temperatamente l'arrostiro: e avendo prima messo in una cocchetta sala, aceto e uno gocciolino d'olio, con quattro speziarie dentro, cioè pepe,specie,garofani e celamo fino, di ognuno di questi una mezza oncia, e con una rametta di osmarino, sempre di questa zenzaverata l'andavano ognendo:e quando fu ben cotta e spolpata la trassero in una conca di gelatina, e ivi i rocchj assettaro; poi su vi premettero sei melegrane con bene vinti aranci, e con molte fine specie sopra essa, poi con una teglia da migliacci caldetta la copersero, acciocchè calda si mantenesse infine che fosse a tavola.

Questa ricetta è tratta dal volume Colombo a tavola, Antalogia di ricette dell'epoca, a cura di Giovanni Rebora, Ermes Editoria Comunicazione, Savona 1992.

8 commenti:

  1. Bello!
    L'arte culinaria, perché di arte si trattava e si tratta ancora oggi, è un modo per comprendere le abitudini sociali di quei tempi, il XV-XVI secolo in codesto caso. E la cosa interessante è notare come ancestrali ricette sono valide nel nostro quotidiano vivere, come possono essere ricreate facilmente. È pur vero che i sapori, i gusti, a mio avviso, sono cambiati, ma la sostanza sicuramente è la stessa.
    Grazie.
    Buona nottata.
    Rino.

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  2. Interessante, la ricetta (che io purtroppo non seguiro' perche' non mi piace il tipo di pescato) ma soprattutto i riferimenti all'arte culinaria e i cenni storici.
    Una vera chicca.
    Un abbraccio
    Saba

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  3. Sì..vediamo..ho praticamente tutto pronto...mi pare non manchi niente...ahh.. peccato.. il celamo fino!! Beh,sarà per un'altra volta.
    Ciao roberta.

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  4. L'anguilla???
    Bleah! Proprio una delle pietanze che più odio!!!

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  5. ma sai che l'anguilla mi fa sempre un po' impressione...una sorta di pregiudizio atavico che non riesco ad evitare......

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  6. Il nostro paese essendo sorto alla confluenza di due torrenti è sempre stato un covo di bracconieri di anguille come sai bene, Roberta. Non fu un caso che organizzammo due anni fa la performance sull'anguillone anche QUI. Nell'occasione feci uscire un Gazzetta (pdf) dove l'amico Paolo Veziano scrisse i vari sistemi di bracconaggio. QUI il video della manifestazione.

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  7. Brava Roberta.
    L'anguilla del Nervia che noi bracconieri pescavamo nel torrente è, aimè, sempre più rara.

    Io comunque la preferisco fritta o così.

    Tagliare l'anguilla a tronchetti e rosolatela in padella, con l'aglio intero e l'olio. Sgrassare, quindi irrorare con il vino bianco. Lasciare ridurre, poi aggiungere la polpa di pomodoro, il peperoncino e le olive nere snocciolate. Completare la cottura e servire.

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  8. Non amo l'anguilla, preferisco un sarago arrosto.;)

    L'antica ricetta, però, è molto interessante. Sto pensando alla valenza didattica che potrebbero avere il recupero e la conoscenza delle antiche ricette a scuola, inserite all'interno di un laboratorio sull'alimentazione.

    Gli alunni, attraverso la conoscenza
    dei prodotti alimentari tipici della nostra tradizione e il confronto
    con quelli dell’alimentazione moderna, potrebbero acquistare consapevolezza circa
    i valori di fondo (nutrizionale, culturale, emozionale, sociale…) dei cibi per avviarsi a diventare
    consumatori consapevoli.

    Scusa la deformazione professionale, Rob.

    Baci
    annarita

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