lunedì 31 agosto 2009

Auguri cucciolo......



"....mamma sei bella come il sole."

Così mi scrisse tre anni fa il mio cucciolo in una lettera scritta a scuola.

La conservo e ogni tanto la leggo, l'ho fatto anche oggi perchè è un giorno speciale, è il giorno del suo compleanno, è il giorno in cui undici anni fa venne alla luce cambiando la mia vita............

sabato 29 agosto 2009

Il toponimo Portu di Dolceacqua, dal XII secolo a oggi.

L'immagine che vedete è il castello di Dolceacqua, particolare di una stampa del Gioffredo del 1656, ritagliata da una pagina degli "Studi preliminari sul Castello di Dolceacqua" di Ezio Mitchell edito dall'Istituto Internazionale Di Studi Liguri Bodighera del 1983.

Questa è la piantina del castello con le varie fasi di ampliamento durante i secoli del Castello di Dolceacqua tratta dallo stesso libro.

Dolceacqua rappresenta sicuramente il borgo più antico di tutta la valle Nervia.
La storia di tutta la valle passa da qui e non approfondire la sua storia vuol dire non comprendere anche la nostra.
Capire quelle che erano le vie di comunicazione di allora vuol dire capire in che modo i vari borghi  erano in comunicazione tra di loro, scoprire il significato della toponomastica significa conoscere il nostro territorio perchè nulla è lasciato al caso e a tutto si può dare una spiegazione.

Oggi mentre parlavo con una persona, un sessantenne, mi sono resa conto di quante cose abbiamo perso della nostra storia solo perchè alcuni fatti non sono stati trascritti.
L'essere convinti che un fatto sia avvenuto in una certa data e non in un'altra solo perchè la fonte non ti "sembra" attendibile, per chissà quale motivo, ti porta a travisare i fatti, ti porta a raccontare fatti in modo distorto.....e questa non è storia, questa è fantasia.......

Da  Cultura Barocca

[...]
PORTU

PORTU ("PORTUS" DI DOLCEACQUA)>Il Convento di Dolceacqua, oltre alla principale via d'accesso dal fondovalle aveva anche altri ingressi, ma il più sorprendente resta quello della proprietà detta Portu (dal medievale ubi dicitur Portus) visibile sul lato sinistro della provinciale, fuori Borgo ed a qualche centinaio di metri dall'impianto edile dell'azienda "Mobilsol".
Nel XIII sec. il toponimo indicava una zona che già da parecchio aveva tal nome e che l'avrebbe conservato sin ad oggi, nonostante le alterazioni linguistiche (negli Jura del 1523 o Diritti dei Doria, alla Rubrica 26 si legge "Item aliud molendinum vocatum lo molinetto loco dicto porto" cioè " i Signori hanno un altro mulino detto il mulinetto nel luogo detto Porto".
Ai primi del XVI sec. il Portus del '200 era divenuto l'italiano Porto, ad indicare che il referente non era svanito dalla memoria collettiva ma era stato adeguato alla linguistica dall'etimologia popolare).
Da un atto del di Amandolesio (12-III-1263) si apprende che Giovanni di Airole aveva comprata una pezza di terra coltivata ed aggregata nel "Distretto di Dolceacqua" (in un' area esterna rispetto al borgo murato) ubi dicitur Portus.
I venditori erano un Guglielmo Todesca e sua moglie Verdana.
tale proprietà confinava in alto con quella di Enrico Ferrario oltre che con un fossato.
I fianchi del possedimento dolceacquino soggetto a compravendita erano limitati dai fondi di Giorgio Celiano e di un Arimanno.
L'importanza dell'atto più che nei dati catastali, sta nell'onomastica riportata: nel XIII sec. risiedeva infatti al Portus un ceppo della gens Coelia (Celianus potrebbe rimandare, per il suffisso prediale e servile in -anus, ad un gruppo famigliare di coloni dell'intemelia gens Coelia).
Arimannus è forma latinizzata, evolutasi dopo il X sec., dei nomi germanici Armanno o Ermanno: non è assolutamente da confondersi con l'esito Alemanno pur documentato nell'agro intemelio, ma piuttosto verso la linea costiera
Si tratta di un personale longobardo che ha alla base l'hariman(n) o uomo libero, appartenente all'esercito, cui era affidata la difesa di siti strategici e la proprietà di fondi inalienabili (da *haria = esercito e *mann(o)= uomo).
L'accostamento dei due personaggi è una chiave di lettura per l'area ubi dicitur Portus.
Qui vi era forse stato un insediamento rurale dei Coelii (si ricordi la villa Coeliana oggi Ceriana e l' iniziativa dioclezianea di legare i coloni alla terra secondo la caputiugatio) ma verso l'VIII sec. gli invasori longobardi dovettero sistemarvi dei militi-villani, che, vivendovi colle famiglie, controllavano i luoghi e le popolazioni indigene, senza l'odiato aspetto da occupanti dei soldati greco-bizantini di un secolo prima.
Ai Longobardi seguirono i Franchi di Carlo Magno e si ebbero nuovi insediamenti: troviamo così i coniugi Todesca che hanno un cognome di ascendenza francone (*theuda = popolo + l' etnico *-isk).
Il cognome Anfosso giunse più tardi in Liguria occidentale, fra XII-XIII sec., anche se non è da escludere una sporadica diffusione in tarda epoca longobarda: questa si può collegare alla Provenza, zona di irradiazione, anche per l' influsso monastico-spirituale che le regione esercitò nel Ponente (Anfos, Anfous ed Amphox rimanda all'uomo valoroso in battaglia).
Ferrario, da Ferrarius è invece nome di mestiere ("fabbro") secondo una consuetudine medievale per cui alcuni individui, persa l'onomastica di origine, venivano indicati con un soprannome dal tipo di lavoro svolto (ferrarius > faber = "fabbro", sulla cui formazione non è però possibile indicare una data precisa di evoluzione).
Due altri proprietari menzionati nel documento riguardante la località Portu di Dolceacqua erano Ugone Moto, che rimanda al concetto di motta (mota) come assemblea o rialzo del terreno (toponimo della chiesa conventuale di S.Maria, evolutosi nella prima metà del XIII sec.) ed Ortiguerius Gallusius (che deriva dal nome Gallo in relazione con un soprannome tardoromano scherzoso o all'etnico "abitante oriundo della Gallia").
Tra la gente del Portus compaiono dunque tracce onomastiche risalenti a diversi periodi: considerando la valenza viaria del sito si deduce che tal zona godette di continuità insediative e rurali sin dall'Impero di Roma all'epoca Carolingia ed ancora al XIII-XIV sec.
In un DIPLOMA dell'Imperatore Enrico III (Ulma, 19-IV-1048) si trova una elencazione dei beni abbaziali di Novalesa.
A riguardo delle località monastiche in Pollenzo vien menzionata "la corte Colonia col suo territorio, il mercato, i mulini, il porto (Portus) ed i diritti connessi compreso quello di pesca" ed ancora il "sito detto Portus da Runcarizio sino al fiume Tanaro".
Nelle Sanzioni fu stabilito di salvaguardare "tutte le navi dello stesso monastero che dai fratelli o da loro incaricati fossero state inviate in qualsiasi luogo italiano per ragioni di pesca o di commercio come in particolare le stazioni di Ferrara, Comacchio e Ravenna" (Monumenta Novaliciensa, p. 196).
Nel Duecento il Nervia scorreva con abbondanza e presso la sua sponda ovest, poco più in basso del fondo venduto dai Todesca, era il "luogo che si dice Porto".
Le connessioni storiche fra diplomatica e linguistica inducono a credere che i Benedettini vi possedessero un attracco fluviale simile a quelli del diploma imperiale e che da l? colle navi commerciassero o andassero a pescare.
Il Nervia, trascinando detriti, aveva formato delle vere e proprie Isole nel suo alveo, ove si installavano case e mulini.
I notai le registravano quali tappe della navigazione fluviale: ancora negli Jura di Dolceacqua del 1523 il notaro Bernardo Mauro inventariò due isole nel Nervia con prati ed un casale diruto per tenervi le bestie che da secoli ormai si estendevano dal Porto sin all' area del ponte monumentale.
Non bisogna dimenticare che i Novaliciensi, i quali prima dei Saraceni potevano far traffici navali dai loro porti in Tolone e Marsiglia, nel XIII sec. avevano sul Tirreno la sola base commerciale di Dolceacqua ( dagli Atti Novaliciensi si evincono dati sugli insediamenti benedettini nel pago di Marsiglia al 5-V-739, anche in tal caso per donazioni di nobili Franchi e Re Carolingi, prima delle invasioni saracene, allo scopo di ripopolare le contrade incentivandone l'agricoltura).
Dalle carte del monastero susino apprendiamo che i Benedettini, esperti di navigazione fluviale, controllavano quasi tutte le Insulae.
L'analisi geomorfologica del Nervia, permette di riconoscerne la navigabilità fin al Portus.
Dal Manoscritto del Notaio Borfiga di Isolabona (Storia del Marchesato ...cit., p. 75 e doc. XXII), e dalle considerazioni del Celesia in Porti e vie strate nella Liguria (p.8) si desume poi che lo scalo marittimo alla foce del torrente sarebbe rimasto operativo sin al XIV sec. quando gli uomini di Dolceacqua ancora se ne servivano per il commercio vinario (nel '200 l' attracco ospitava Galee e Taride cui si recavan merci, anche dai monaci, per via di baucii, come il Santa Croce ed il S.Antonio che portavano animali e cavalli, copani e altre imbarcazioni liguri di ridotto pescaggio con cui si risaliva il torrente al Portus: di Amandolesio, doc.1, del 28-XII- 1258).
I Benedettini della Novalesa verso il IX sec. si eran messi in moto sulle tracce del sistema viario romano, utile per l'evangelizzazione e pei traffici.
Benchè combattessero l'idolatria, avevano imparato a sfruttare l'efficienza organizzativa della classicità; ai monaci non sfuggirono nè la strada fluviale del Nervia nè la zona del Portus.
I relitti archeo-toponomastici rimandano al Medioevo od alla tarda romanità (vi abbondano derivati dall'onomastica imperiale come Balbo e Basso e resta notevole la consistenza numerica dei Ceriani).
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giovedì 27 agosto 2009

Amata scuola.....ma quanto mi costi?

Ieri ho ritirato una parte dei libri di testo per il primo anno di scuola secondaria di primo grado......un piccolo anticipo sette libri €122, 50, oggi lo zaino lasciamo perdere il costo, il primo dopo cinque anni di scuola primaria, nei prossimi giorni ci sarà il resto dei libri e raggiungerò la cifra dei €293,00 solo per i testi......poi ci saranno tutte le altre cosucce che se non potremo riutilizzare quelle dell'anno scorso andranno comprate....ma alla fine quanto spenderemo?

dalle mie memorie......

Quando frequentavo la scuola media, allora si chiamava così, i libri ci venivano forniti durante il primo giorno di scuola, mi ricordo che entrava in classe il bidello spingendo un carrello e l'addetta alla consegna ci metteva i libri a noi destinati sul banco...non erano libri nuovi ma decorosamente conservati, ogni fine anno scolastico era nostro compito restituirli in buone condizioni, erano libri pagati dal comune di Arcore e venivano messi a disposizione dell'intera collettività studentesca, sicuramente i testi non venivano cambiati ogni anno e si poteva fare questo investimento a lungo termine, in pratica per i tre anni di scuola media niente costi per i libri e già allora la scuola media statale di Arcore aveva centinaia di alunni e correva l'anno 1976.........


Sarà che è il primo anno e la situazione, da buona brianzola trapiantata in Liguria, fa uscire il meglio della mia tirchiaggine..........

mercoledì 26 agosto 2009

La forchetta dei Romani di epoca imperiale.

Foto reperita su Cultura Barocca

Un paio di settimane fa, ricevetti una mail da parte della redazione di Cultura Barocca con una precisazione:

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....... la forchetta tridentata [come il menù scritto nei ristoranti - cauponae] era ben nota ai Romani di epoca imperiale anche se non comune, come si evince soprattutto dagli scavi in Ungheria ed Austria (Retico e Pannonia). Uno strumento peculiare che attesta un servizio da viaggio di posate è questo
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Questa precisazione è stata fatta ad un mio post del 6 maggio 2009 in cui parlavo delle origini della forchetta questo.

Andando a leggere la pagina segnalata non posso nascondere di essere rimasta senza parole.

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Il SERVIZIO DA VIAGGIO del Museo intemelio fu trovato nel 1917 dall'archeologo P. Barocelli nella tomba 145 della necropoli di Albintimilium e l'immagine è tratta dal volume di B.DURANTE-M.DE APOLLONIA, Albintimilium antico municipio romano, Gribaudo [oggi Paravia-Gribaudo], 1989.
Dai tempi della scoperta vari ricercatori giudicarono l' "attrezzo" un unicum, "indice di un eccezionale progresso tecnologico dei Romani": un livello tecnologico che forse attualmente né la storiografia né l'archeologia hanno ancora determinato nei veri contenuti (basti pensare, a modo d'esempio alternativo, all' impensabile tecnologia rinvenuta tra i RELITTI DELLE NAVI DEL LAGO DI NEMI)
A livello di riflessioni scientifiche ed antiquarie si impongono alcuni interrogativi: fattura e tipologia dello strumento comportano problemi non semplici.
Secondo le fonti letterarie il "servizio" urta con la tradizione che data al XIII sec. la diffusione della forchetta, attribuendo ai Romani solo quella del cucchiaio.
La tecnica di fusione, il meccanismo di oggetti ruotanti su perni di per sè paiono stridere con l'interpretazione antiquaria e il livello tecnologico che si ritiene sia stato raggiunto durante l'Impero.
Però il "servizio" fu scoperto in una tomba intatta del I-II sec. d.C. da uno studioso serio, che non suppose manipolazioni di tale sito archeologico.
Una mente geniale di un artefice eccellente avrebbe forse potuto forgiare un oggetto tanto prezioso che sembrerebbe comportare ingegnosa committenza e preciso progetto: la relativa insignificanza del restante corredo funerario si scontrava con la ricchezza del "servizio in argento", che, di per sé, sarebbe stato espressione di eccelso stato sociale.
L'urto fra tante considerazioni ha suggerito varie ipotesi: da quelle "conservatrici" (che l'oggetto per la preziosità sia stato voluto nel corredo funebre dal defunto che potrebbe averne fatto un "monumento" della sua condizione sociale) a quelle "mediane" e "rivoluzionarie" (che sia stato celato per varie ragioni, come un furto non completato, in una tomba già nell'antichità, e al riguardo esiste a Ventimiglia una vaga leggenda, oppure che vi sia stato nascosto più tardi quando almeno la "forchetta", non il meccanismo che si presenta nel moderno aspetto di congegno "multiuso" da sopravvivenza, era di uso comune).
Affermare senza infiniti controlli la genuinità romana dell'oggetto equivale a sostenere una realtà tecnica del Primo Impero di impressionante potenza sociologica e dirompente sotto il profilo dell'arte, dell'oreficeria, della tecnologia imperiali (cosa quindi di rilevanza internazionale).
Chi scrive queste note, tuttavia, è favorevole a sostenere l'AUTENTICITA' dell'oggetto, sulla linea, sempre più comprovata da altre scoperte straordinarie che la storiografia e l'archeologia vanno portando avanti.
Peraltro in questo caso non vale l'ipotesi che, come contro G. Rossi l'archeologo scopritore di Ventimiglia romana, anche a scapito del Barocelli esistessero denigratori capaci di fargli trovare oggetti romani, onde ottenerne una giustificazione scientifica da produrre, quale certificato di autenticità sul mercato antiquario, a vantaggio dell'oggetto poi trafugato rubato all'archeologo: per il Rossi l'ipotesi non è ingannevole, visti i suoi scontri con alcuni scorretti antiquari, anche se rimane macchinosa nella ricostruzione proposta, ma nel caso del Barocelli sarebbe un assurdo in quanto l'eccezionalità del reperto lo indusse a porlo sotto una tutela continuata inviolabilmente nel tempo.
[...]

A questo punto mi è sembrato doveroso pubblicare un altro post con le relative fonti a integrazione di quanto già scritto.
Il mio modesto parere, da non addetta ai lavori, non ha alcun valore, mi piacerebbe invece avere l'opinione dei miei lettori più accreditati.
Di una cosa sono convinta, la forchetta prima di diventare un oggetto facente parte degli usi quotidiani ha dovuto aspettare molti secoli........

martedì 25 agosto 2009

Isolabona terra dei Doria? No grazie......

Bruno dei Roccaforte


Già tempo fa vi parlai dei rapporti tra gli abitanti di Isolabona e i Doria con il post intitolato " I Doria e il tributo della Bannalità" a firma dell'amico Paolo Veziano, chi volesse rileggere il post, clicchi qui

Oggi mentre navigavo nel sito di Cultura Barocca, la mia fonte di storia, ho trovato questo riferimento a Isolabona.

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ISOLABONA
il paese nodo strategico viario presso cui si può deviare per ROCCHETTA NERVINA, APRICALE o raggiungere PIGNA continuando per la Valle del Nervia

Insulae (ISOLE) di materiale alluvionale costituivano ripari per imbarcazioni e attracchi per commercializzare i prodotti vallivi (per questo esse furono spesso al centro di controversie: avevano peraltro rilievo per le colture che vi si praticavano e i mulini costruitivi: ISOLABONA nel Nervia, l'Isola dei Gorreti nel Roia sopravvissute ad oggi son prova dei depositi stabili, destinati a grande evoluzioni).
Il 3-I-1287, nell'atto di annessione amministrativa di ISOLABONA ad Apricale, il toponimo oscillava tra "Insula" e "Insula Bona" (= "Isola Buona" come "Salda, robusta, fidabile, perenne").
Nei Diritti dei Doria (1523) il paese, alla confluenza fra Nervia e rio Merdanzo, aveva il toponimo "Insula" mentre a livello popolare il nome "Insula Bona" aveva preso il sopravvento (le isole delle foci, per quanto più esposte a cambiamenti geomorfologici, erano comunque di volta in volta punti di riferimento viario o strategico).
I "Diritti della Signoria dei Doria di Dolceacqua del 1523" sancirono i privilegi nobiliari, tasse, gabelle, proprietà varie e lo jus di pedaggio.
Secondo gli "Jura" i Doria ad Isolabona (oltre che bandite, mulini, frantoi, giurisdizione degli acquedotti e delle fonti) tenevano un CASTELLO, una CARTIERA, una "casa" nel "piano ovvero piazza dell'isola, con un'altra stalla presso detta casa".
I Doria possedevano poi un "campo", in località "lo chian de la noxa" affittato a tal Giacomo Cane con un contratto che prevedeva l'esborso annuo in natura di 5 mine e 6 quartari di prodotto agricolo.
La Signoria possedeva "un prato in località S. Giovanni", un altro in luogo "la morinella" ed "un altro ancora in località Gonteri".
Erano altri beni dei Doria un bosco di castagni "in luogo detto Ortomoro" (il toponimo par rimandare ai tempi dei Mauri, Mori e Saraceni) sulle alture di Isolabona, condotto da Giovanni Roberto e Giovanni Boero, che pei Signori gestivano anche la "fascia curla" (che prendeva nome da un antico possesso della nobile famiglia intemelia dei Curlo) nel territorio di Apricale.
La Signoria, secondo i dettami dei suoi DIRITTI, teneva, sempre nelle vicinanze di Isolabona, un "mulino grande" con la potenzialità di "centoventi mine buon grano ed 80 di grano di mistura".
Essa aveva anche il possesso di tutti i frantoi, gli "aedifica oleorum", e gli abitanti del luogo (non solo gli addetti alla olivicoltura) eran tenuti a portar solo lì "a frangere" le olive ed a non valersi di mulini fuori giurisdizione.
La tassa da pagare era della dodicesima porzione del prodotto e della totalità delle "sanse": l'atto rimanda ad un'antica consuetudine ed è quindi giusto pensare che l'industria olearia, colla sua peculiare giurisdizione, si perdesse nel monopolio dei primi Benedettini.
Questa convinzione trova conforto dal capo successivo dei Diritti laddove viene precisato che i "Signori" avevano "da sempre" la totale "giurisdizione delle acque": in modo tale che nessuno , tranne naturalmente il Signore, potesse edificare o costruire "molendina" (mulini per granaglie) o qualche altro "aedificium" (frantoio)".[...]

Queste invece alcune indicazioni che Nilo Calvini ( archivista presso l'università di Genova) riporta con cura nel, volume Apricale (p.71).
[...]
Al Marchese di Dolceacqua erano riconosciuti i seguenti diritti:

- la decima sul grano consistente in “cinque salmate e mezza e meturali sette”; più la decima sul vino “sino alla somma di dieci salmate e non più a ragione di cinque pinte per salmata”:
- la quarta parte di quanto percepivano i consoli per la loro attività sulle cause civili;
- aveva l’autorità sulle cause criminali fino alla condanna a morte;
- aveva la giurisdizione sulle acque e nessuno poteva costruire mulini o farntoi. I contadini avevano l’obbligo di macinare olive e grano solo nei mulini appartenenti al feudatario;
- donazione annuale di £.5 genovine in occasione della festa di Santa Lucia;
- obbligo triennale della Comunità di presentare a Natale due castrati, mentre i Consoli, i Sindaci, il Capitano delle Milizie dovevano portare volatili a discrezione. In quell’occasione venivano invitati a colazione dal Marchese;
- obbligo per la Comunità di offrire a Pasqua due capretti, mentre gli Ufficiali dovevano portare uova a discrezione. Alla Maddalena l’obbligo era di 6 polli, 50 uova, due “cavagnole” di ricotta... e l’invito a colazione per le autorità locali:
- i macellai dovevano offrire ogni anno “due rubbi di grascia e due ossi... mediante pagamento di un soldo di Genova per ogni libra di detta grascia e soldi otto di detta moneta per osso”;
- ai possessori di bestie “assenine o mulatine” [asini e muli] era fatto obbligo di portare “una salmata legne per cad’uno” nelle feste di Natale “mediante la mercede di sei pani d’orzo per le bestie assenine e otto per le mulatine”;
- obbligo di lavoro nei possedimenti del feudatario con la paga di 11 soldi di Genova o con l’ammenda di uno scudo di multa in caso di disubbidienza;
- diritto a far legna in tutti i boschi.[...]

Riportati questi dati storici non mi resta che pormi una domanda?

Chi ha mai avuto l'idea di mettere questi cartelli di benvenuto a Isolabona?

ISOLABONA TERRA DEI DORIA?

Secondo me lo è stata anche troppo con i soprusi che hanno dovuto sopportare i nostri antenati, fosse per me domani li toglierei subito perchè non ne vado fiera di rendere omaggio a certi signori........ la terra è di chi l'ha coltivata e di chi ha dovuto sopportare la fame e le carestie e ogni genere di sopraffazione cioè degli Isurenchi.

Scusa carissimo Bruno se ho usato la tua foto per questo mio sfogo......

lunedì 24 agosto 2009

Michèle Vigliani, un gesto esemplare.

Foto reperita su sanremonewes


Oggi voglio omaggiare un'artista che conosco, Michèle Vigliani, che in questi giorni è stata protagonista di un vero atto di beneficenza.
Di Michèle Vigliani, posseggo un ritratto di mio figlio che mi regalò quando il cucciolo aveva cinque anni, oggi ne parla il quotidiano online della provincia di Imperia, dedicandole una pagina con i ringraziamenti del Sindaco Fulvio Gazzola a nome della comunità.
Questi comportamenti meritano di essere ricordati.....

Da sanremonews
[...]
Si è conclusa ieri la Personale di Michèle Vigliani, pittrice dolceacquina-monegasca, la quale ha messo a disposizione del Comune di Dolceacqua 50 Sue opere che sono state messe in vendita ed il cui ricavato verrà utilizzato dal Comune per l’acquisto di nuovi giochi per i bambini presso i giardini pubblici.

La Mostra che ha avuto un buon riscontro di pubblico nell’arco dei 4 giorni di apertura e ha permesso con le vendite delle opere, di raccogliere 3.150 euro, che la Pittrice Michèle Vigliani ha consegnato questa mattina al Sindaco Fulvio Gazzola.

“Una cifra importante quella raccolta, che investiremo come già dichiarato e concordato con la Pittrice, per acquistare dei giochi per i bambini – dichiara il Sindaco – Ma vorrei ancor di più sottolineare l’importanza del gesto che Michèle ha voluto fare a favore della nostra Comunità. Regalare le proprie opere, che ogni artista sente come parte di se, per una causa a favore della collettività, è un gesto ormai raro, che và sottolineato e riconosciuto da tutti noi. Colgo infine l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno capito l’importanza di questo gesto e hanno aderito all’iniziativa acquistando le opere esposte.”

Nella foto la Consegna della scatola d’Argento contenente l’incasso devoluto da parte dell’Artista Michèle Vigliani al Sindaco Fulvio Gazzola.

Biografia di Michèle Vigliani: Michèle Vigliani dipinge da sempre, ha imparato seguendo corsi dal professor Marocco all’'Ecole des arts décoratifs' di Monaco. In questi Ultimi anni, predilige alla tecnica ad olio l’acquerello ed il pastello ritraendo paesaggi del ponente, nature morte, fiori e ritratti. I suoi ritratti a sanguinia pieni di verità e sensibilità le hanno aperto le porte dell’alta societa monegasca. Van Dongen, residente monegasco sul finire della sua grande attivita artistica ha influenzato moltissimo il suo modo di trattare i pastelli. Però l’acquerello e sempre stata la sua passione e si puo dire che la tecnica acquisita dà ai suoi fiori la leggerezza, ai suoi paesaggi Dolceacquini la vera e tenera luce del cielo mediterraneo e ai suoi ritratti la dolcezza e la vita. Ha esposto a Monaco in numerose mostre personali e collettive con successo.[...]

domenica 23 agosto 2009

Fuochi d'artificio a Dolceacqua

Ieri sera a Dolceacqua si è svolto lo spettacolo pirotecnico come è consuetudine da decenni.
Un'amica, elenella1971, ha girato un video, lo voglio condividere con voi.....

Un vecchio modo di dire di Isolabona.......


   [...]
Mäie  i me piglia- läsciäte pigliää- mäie e me cöije- läsciäte cöije- mäie i me mängiä-läsciäte   
mangiää- mäie i me beve- läsciäte  beve u vin adosu -
figlia ti ei parsa.


 Madre mi  pigliano, lasciati prendere; madre mi cuociono, lasciati cuocere; madre mi mangiano,   
lasciati mangiare; madre mi bevono il vino adosso.
Allora, figlia mia, sei persa.

Tutto ciò detto nel senso di tollerare fino ad un certo punto e non oltre.[...]

Tollerare si ma tutto ha un limite......quando questo lo si trova anche nei vecchi modi di dire, nelle vecchie frasi  di una popolazione come quello che ho riportato e che appartiene a quella di Isolabona..........bhe, possiamo dire che i furbi sono sempre esistiti.........

venerdì 21 agosto 2009

Monte Agel

Oggi pomeriggio mi sono recata a Ventimiglia, non per partecipare al suo caotico mercato preso d'assalto da migliaia di francesi, ma per andare a fare un bel bagno rinfrescante al mare con il mio cucciolo.........cinque ore di spiaggia ininterrotte, resisterei anche dieci ma i tempi sono cambiati e più di cinque ......

Proprio di fronte a me il monte Agel con il suo pianoro inconfondibile era li, clic lo immortalato, purtroppo la visibilità era ridotta, peccato sarei riuscita a fotografare un litorale molto più lungo della Costa Azzurra.


Da wikipedia

[...]

Il Monte Agel è una montagna delle Alpi Marittime e Prealpi di Nizza alta 1.148 m, è la montagna delle Alpi prossima ai 1.000 m metri più vicina al mare da cui dista meno di 4 km. Inoltre si trova anche a soli 2 km e mezzo dal Principato di Monaco. Dal monte Angel si ha una splendida vista sul Principato, sulla Costa Azzurra, sulla Riviera di Ponente, sulle Alpi Sud-occidentali e in caso nei giorni di bel tempo la vista può arrivare fino alla Corsica. Il monte Angel è facilmente raggiungibile da Beausoleil, Gorbio, Eze, Roquebrune-Cap-Martin, La Turbie pur trovandosi nel terriorio del comune di Peille. Nei pressi del monte si trova il Monte-Carlo Golf Club a 900 metri d’altitudine con 18 buche. Sul monte si trova una base dell'aeronautica francese per la sorveglianza del Mediterraneo. Inoltre il monte è usato per voli in parapendio.[...]

Dal sito compagnia di ventimigliusi ho trovato notizie riguardanti il suo toponimo

[...]

MONT AGEL: Trovare una radice toponomastica per questa particolarissima altura, culminante con un pianoro, abbisogna d’arrivare all’antica voce: Azzero, col significato di ascia da guerra; o al gallico Âgé: vecchio/età. Se il dialettale Axié avesse perso la N iniziale, potrebbe rifarsi a recinto per le arnie. Il riconoscibilissimo profilo dell’Agel è sovrastante il luogo ora chiamato “La Turbia”, perché contenente il “Trofeo” delle Alpi, costruito in onore dell’imperatore Augusto, conquistatore della regione. Il luogo di Turbia, considerato esoterico fin dall’antichità, era conosciuto come Alpe summa.[...]

Mi ha sempre affascinato la sua forma, da bambina mi sembrava un vulcano.........

mercoledì 19 agosto 2009

Marino Cassini

Questo pomeriggio ho trascorso due ore in compagnia di Marino Cassini, lo scrittore di libri per ragazzi nato a Isolabona e tornato per trascorrervi le vacanze estive.
La sua fama è il frutto dei tanti libri di successo scritti.
Oggi ne ho ricevuti due in dono e più precisamente "Malinche, una donna alla conquista del Messico" e il suo ultimo lavoro " All'alba canterò" con le illustrazioni di Lucrezia Giarratana.

Il romanzo Malinche, che il Cassini dedica alla moglie Marisa definendola " la mia Malinche" è un romanzo storico ambientato nel Messico del 1500.
Da Ibs.it copio e incollo:
[...]

Nel lontano 1500 - contrassegnato da numerose scoperte di territori del nuovo mondo e di popolazioni sconosciute - grande risonanza ebbe l'avventura di Cortés che portò gli spagnoli sugli altipiani del Messico, fino al lago Tezcuco sulle cui rive sorgeva la splendida città di Messico-Tenochtitlan. Mescolando la realtà storica alla fantasia, l'autore ha dato vita al personaggio di Juan Perez de Arteaga che, ormai vecchio e stanco, ripercorre il periodo più importante della sua vita. Juan, mozzo sulla caravella "San Sebastian", capitanata da Pedro Alvarado, uno dei luogotenenti di Hernando Cortés, ripercorre le tappe che portarono un pugno di soldati spagnoli e poche dozzine di cavalli a conquistare un impero apparentemente invincibile. Lungo il cammino che portò il minuscolo esercito alla conquista di un regno, il giovane Juan incontrò la figlia di un nobile cacique di Painalla, della quale diventò un fido scudiero e accompagnatore: Malinche. Ribattezzata dagli spagnoli Donna Marina, per tutta la durata dell'impresa fu al fianco del condottiero Cortés in qualità di consigliera, di ambasciatrice e di guida attraverso le diverse tribù che abitavano l'altipiano. Un'avventura storica e un'appassionata storia d'amore sono le due strade che porteranno il lettore a immedesimarsi in una impresa memorabile... [...]

Il secondo libro, All'alba canterò è la sua ultima fatica.
E' un libro questo che colpisce subito per la sua impaginazione, infatti, si presenta come un contenitore che una volta aperto libera dei fogli non rilegati e le pagine non sono numerate, la stampa è stata effettuato solo a recto, il verso è bianco.

La prima pagina è un messaggio al lettore, si invita a mescolare i fogli come fossero delle carte da gioco.......
Ogni foglio è diviso in due parti: nella metà superiore c'è il testo del racconto, che si interrompe ad un certo punto con dei puntini. Nella parte inferiore c'è un gioco di enigmistica di cui il lettore dovrà trovare la soluzione.
La risposta sarà l'inizio della pagina successiva da leggere.
Lo trovo geniale e molto stimolante per il pubblico a cui è destinato, cioè i ragazzi......



Il mio incontro con Marino Cassini non è stato legato solo alle sue ultime fatiche letterarie ma anche per fare una bella chiacchierata su quella che è una sua grande passione storica cioè Isolabona.
E' una persona molto documentata e negli anni ha raccolto molte notizie di carattere storico e oggi le ha volute condividere con me.
Sono strafelice, mi ha dato tantissimo materiale su cui lavorare, ne farò buon uso e soprattutto troverò il modo per condividerlo con tante altre persone con l'intento di dare finalmente a Isolabona una collocazione storica con i suoi personaggi e con le sue tradizione siano esse scritte od orali......... perchè la memoria se scritta non si perderà!!!
Grazie Marino per la tua disponibilità.

Per conoscere meglio Marino Cassini

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Marino Cassini

Nato a Isolabona, Imperia, il 29 maggio 1931

Vive la prima infanzia parte presso la nonna materna e poi in Francia dove i genitori, dopo aver lavorato negli hotel della Costa Azzurra, aprono nel 1936 ad Antibes un piccolo negozio di alimentari. Nel 1938, a causa del conflitto italo-francese, la famiglia è costretta a ritornare in Italia.

Dopo la scuola elementare e la Scuola Media Inferiore frequenta il ginnasio e successivamente il liceo “Plana” ad Alessandria. Ottenuta la maturità nel 1951, si iscrive all’Università a Genova dove nel 1956 si laurea in lettere, discutendo una tesi col professor Franco Simone dal titolo La formazione degli schemi romantici della storia letteraria francese.

Dopo la parentesi militare, trascorsa in parte a San Benedetto del Tronto poi a Cesano, dove ottiene il grado di sottotenente di complemento, viene inviato come prima nomina a Palmanova, vicino a Udine.

Congedato, trova lavoro nell’Amministrazione comunale di Genova, prima come impiegato nella Segreteria nell’Istituto di Magistero “Adelchi Baratono” e poi nella Ripartizione Biblioteche dove inizia la sua carriera di bibliotecario che lo porterà alla Direzione della Biblioteca Internazionale per la Gioventù “Edmondo De Amicis “ di Genova. Vi rimane fino al 1991. Continua a leggere.....


martedì 18 agosto 2009

La connessione mobile fa i capricci..........

Forse questa è la volta buona.........sono due giorni che ho grossi problemi con la connessione.........
Mi credevate in vacanza?
Ebbene no, ho seri problemi con la mia connessione.

Sarà che molti in vacanza si sono dotati di connessione mobile e tutto questo sovraccarico in alcune ore rendono la navigazione veramente impossibile per me che la uso abitualmente e non in 3G.....
E' questo il motivo del mio silenzio e niente più.......

Presto finirà, quando tutti o quasi ritorneranno a casa e la connessione mobile rimarrà solo per noi abitudinari.

Un saluto da parte mia e scusate il silenzio anche sui vostri blog.

giovedì 13 agosto 2009

Fino a Pigna in bicicletta, pochi chilometri ma duri......

Scorcio della facciata della Chiesa di Pigna dedicata a San Michele

Questo pomeriggio dopo tantissimi anni ho deciso di salire in sella alla mia vecchia bicicletta e di andare a fare un giro, questo.
La direzione è stata nord, verso Pigna un borgo, forse il più antico della nostra valle.
E' un luogo a cui sono particolarmente legata, l'amore verso questa terra è nato da li........
Fu nell'estate del 1968 che vi trascorsi le mie prime vacanze estive, li ci abitava un mio prozio materno, il caro zio Angelo, che, dalle valli bergamasche si era trasferito nei primi anni del 1900 per costruire le storiche strade carrozzabili le così dette cannoniere che collegano le Alpi liguri con la Francia e il Piemonte, lui come tanti altri ragazzi che poi si sono definitivamente trasferiti in questo meraviglioso luogo.
Le strade esistono ancora......

Non è stato facile per me percorrere gli otto chilometri che separano Isolabona a Pigna, il tratto è considerato il più duro di tutta la valle.............come sapete pratico sport, tennis a livello agonistico ma pedalare in salita, a volte, è più duro che correre per colpire una pallina.........
Mi sono ripromessa che farò questo tragitto più frequentemente anche perchè oggi ho cambiato le pile alla mia bilancia.....eeeee, l'amara sorpresa, sono ingrassataaaaaaa e la cosa non mi piace!!!

Di Pigna vi parlerò ancora perchè è un luogo meraviglioso e merita le dovute attenzioni.
E voi cari lettori amate andare in bicicletta?

Il campanile raggiunge l'altezza di 56 metri, fotografia scattata da vicolo Borgo

mercoledì 12 agosto 2009

La blogosfera serve anche a questo...........

 
                                       Bruno dei Roccaforte, fotografia "prelevata" nel suo blog

Oggi ho avuto questa piacevole sorpresa, Bruno, che si trova in vacanza nella mia bella Liguria, ieri è transitato con la sua amata Vespa e alcuni suoi amici da Isolabona,  ha dedicato un post a questo suo girovagare per le valli dell'imperiese, le mie amate valli, guarda qui.

Purtroppo non ci siamo incontrati, ma il ricordo di questo suo passaggio rimarrà scritto nel web a testimonianza che i messaggi che "lanciamo" con i nostri post non si perdono nel nulla........!!!
Un caro saluto Bruno e appuntamento al tuo o al mio prossimo passaggio nei luoghi a noi tanto cari;) 

sabato 8 agosto 2009

Dal diario di Mario Cassini, " Agosto cettriolo"

Autoritratto di Mario Cassini

Mario Cassini è stato un nostro compaesano che durante la prima grande guerra, fu fatto prigioniero dagli austriaci.
Durante i tre anni di prigionia, scrisse un diario che, grazie al nipote, Gian Mario Cassini si è conservato sino ad oggi.
L'amico Paolo Veziano lo ha trascritto riportando ciò che fu scritto ben novanta trè anni fa.........

Mario Cassini svolgeva la sua attività di falegname a Isolabona, dove insegnava anche musica, era infatti il maestro di musica della banda del paese.
Era considerato un uomo un po' burbero, ma sicuramente fu un uomo con molte qualità artistiche e soprattutto fu capace, scrivendo questo diario, di trasmetterci un aspetto storico della prima guerra mondiale, quello della vita del prigioniero senza sottovalutare alcune importanti considerazione di carattere sociale, analizzando il mondo che lo circondava durante il suo trasferimento quotidiano dal campo alle zone di lavoro.
Avremo modo e tempo di conoscere meglio il personaggio e i suoi scritti.

Oggi, visto che siamo nel mese di agosto, vorrei condividere con voi il paragrafo dal titolo " Agosto cettriolo"

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Agosto cettriolo

Il fante è nutrito di buone speranze, canta salta come un pazzo, già somiglia che abbia il tascapane in spalla per andare in Italia. I telegrammi si ricevono al n. 100.
Corre voce del cambio di prigionieri, e per l’Ottobre o Novembre la partenza è sicura. Queste notizie vengono spacciate in un certo modo che bisogna credere.
Hai prigionieri viene fatto un timbro a fuoco sul braccio destro e questo è incancellabile. Qualunque prigioniero di qualunque potenza viene mandato a casa sua, (troppa fortuna) essendo noi uomini fuori combattimento. Se in seguito venissimo mandati al fronte un’altra volta e che fossimo un’altra volta fatti prigionieri sarestimo riconosciuti dal nemico per mezzo del timbro a fuoco sul braccio e allora la potenza di questi perderebbe il deposito, cioè qualche miliardo. Questo telegramma è ben basato, mah! Intanto con il primo agosto questa gente qui sono usciti con un nuovo vegetale, ma si vede che gli austriaci ci hanno molto riguardo a noi prigionieri; stante la calda stagione ci hanno procurato un po’ di rinfrescante, e di questo ce lo danno anche economicamente perché potrebbe farci male. Che sarebbe questo nuovo piatto?
Due vagoni, cioè 60 quintali di cetrioli.
Al giorno fave, ed alla sera un cetriolo; figuratevi un uomo sui 25 ho 30 anni andarsi a dormire con un cocomero in corpo. Prima di mangiarlo si tirava la cinghia, ed un altro buco si faceva passare appena mangiato, pane sempre il misero quinto. Questo durò sino al quindici: speriamo che di questo non ce ne facciamo tanta lungaggine.



Però unito a questo vagone di cocomeri scarichiamo pure un vagone tra zucchero rum e tè, il quale alla mattina nessun si dimentica di andarlo a prendere, avendo ognuno di noi un po’ di pane italiano e con questo si fa una discreta zuppa a forma di caffè.

Dopo una breve pausa
Siamo al 20 Agosto, e la cura del cetriolo è rinnovata. Il magazzino non è ancora spicciato che arriva altri vagoni dello stesso genere.
Ora questo invece di mangiarlo alla sera ce lo danno a mezzogiorno con una razione di carne di cavallo, come già vi dissi che pochissimi la mangiano, quando non è carne è pesce di mare di questo poi nessuno ne mangia, chi suole sentire una puzza strana anche in cucina vicino a questo pesce. Nei primi quindici giorni avevamo le fave; ed ora invece al posto delle fave cioè alla sera abbiamo la foglia di barbabietola.
Povera cinghia deve stare sempre tesa un giorno ho l’altro si strappa.
Però con il 20 corrente invece del quinto di pane ci diedero il quarto, ma la pagnotta è più piccola, vale a dire che abbiamo sempre i 200 grammi come il quinto e non di più, e levandoci le fave veniamo a conoscere che abbiamo meno vitto.
Ma non solo scaricano i cettrioli, ma quattro o cinque volte la settimana scaricano anche qualche vagone di pacchi; senò questa salita nessun alpino d’Italia riuscirebbe a farla.
Con il mio compagno che ho qui vicino parecchie volte gli e lo dissi: Mi stona che non ci facciano mangiare zucche. Queste sarebbero anche adatte per far lunga la guerra, con un grano di questo seme possono raccogliere circa cinquanta kg. di questo genere da fare un rancio per tutto l’accampamento, ma! Se a questo ci ho pensato io ci ha pensato anche Carlo, to! Sono arrivate. L’altro ieri il fante venendo dal lavoro entra in baracca con questo telegramma. Ragazzi: c’è da scaricare un vagone di mortadelle, mettiamo un po’ di buona volontà che queste sono esclusivamente per noi, e difatti arriva le sentinelle radunano la corvè e la portano alla stazione che è a cento metri dall’accampamento. Questi le mettono l’un dietro altro e passando vicino ad un vagone ognuno si carica una zucca o due che erano la bellezza di 10 kg.
Povero fante; morir non si morirà, ma grandi sono i patimenti.
Ma che siamo! Maiali? Non sanno più cosa farci mangiare? Dicono che questo anno la guerra deve finire, ma come fa a finire? Fin tanto che abbino ferro fa fare proiettili la guerra non finisce, perché il vegetale non ci manca.
Bisogna notare che noi della sua raccolta non ci facciamo nessun consumo tranne che quel misero quarto di pane, del resto sia pesce aringhe baccalà questo nella raccolta non ci sta, e neanche zucche, cocomeri, rape, foglie di barbabietola e neanche quei puzzolenti cavoli che facendone delle buone raccolte ne riempiono botti e ce li conservano per l’inverno, questi essendo molto nutrienti ce li lasciano per quando fa freddo è dai 22 ai 26 gradi sotto zero, che questi bolliti senza sale ci fanno diventare rospi e svelti come lumache.
Tra fagioli fave polenta e patate (che questo sarebbe di prima raccolta) messo tutto insieme farebbe appena il rancio d’un mese, il rimanente sarebbe tutto di seconda e terza raccolta. [...]

La nostra storia è fatta anche da queste testimonianze......mai dimenticare.

giovedì 6 agosto 2009

Dove sono finiti i bambini di Isolabona?

Fotografia scattata questo pomeriggio da località Camegna

Isolabona quando ero bambina e ragazzina la consideravo meravigliosa, un enorme parco giochi.
Le opportunità per noi bambini di inventarsi un gioco erano li, a portata di mano c'era solo il problema di mettere tutti d'accordo............perché ieri come oggi era difficile accontentare tutti, ma una volta trovato ciò che andava bene per tutti, si partiva tutti insieme, si scorazzava per i carugi, si andava al fiume, al campo a giocare a pallone ecc ecc........fino all'ora di cena, poi, dopo cena, ci si rivedeva per passare la serata con nuove avventure.

E oggi?
Dove sono finiti i bambini?
I carugi sono deserti, le loro voci non si sentono, al fiume non si recano, ma dove sono, cosa fanno?
Isolabona sembra un paese privo di bambini..........eppure la scuola dell'infanzia e quella primaria hanno decine di bambini............ma dove sono in queste belle giornate?

Conoscere il nostro torrente fa parte della nostra cultura, lo reputo importante come conoscere le nostre campagne..........

Vivere il nostro paese significa conoscerlo veramente, ma forse Isolabona dimostra di essere diventato anche in estate un paese dormitorio.....!!!

Questo mi rattrista, perché il nostro borgo è ancora vivo e incontaminato.........ma senza le grida dei bambini è un paese che dorme!!!

martedì 4 agosto 2009

Ho conosciuto Alfredo Moreschi, il fotografo che ci fa conoscere i nostri fiori spontanei.


 Le palme di Corso Imperatrice fotografate dalla macchina......



Questa mattina mi sono recata a Sanremo non per lavoro ma per questioni personali.
Ho potuto così fare un piccolo giro in centro con l'intento di recarmi presso lo studio del fotografo Alfredo Moreschi, si trova a pochi metri di distanza dal teatro Ariston.
Moreschi lo si potrebbe definire il fotografo storico di Sanremo.
Chi mi legge sa che Moreschi collabora con il mio blog fornendomi le schede tecniche relative alla flora spontanea della nostra bella Liguria di Ponente guarda qui e qui per averne un esempio.

Sapevo che non sarei entrata in un semplice negozio ma quasi in un museo.....ma tra il pensarlo, l'esserci e avere l'occasione di poter dialogare con Alfredo Moreschi di svariati argomenti, ebbene, per me è stata un'ora indimenticabile..............!!! 
Qui potrete visitare il suo negozio virtualmente è sotto inteso che vi invito a visitare il suo negozio se passate da Sanremo.

E' un piccolo post di carattere personale, ma quando trovi una persona che non sa nulla di te e ti offre la sua esperienza e il suo lavoro per aiutarti a raccontare la terra in cui vivi....... non posso fare altro che porgere un..... grazie Signor Moreschi per la sua preziosa collaborazione, grazie per come ci fa conoscere i nostri fiori spontanei.

lunedì 3 agosto 2009

Niente pioggia ma....... sole e vento.

                                                                    Fiore di Kiwi

Le previsioni del tempo avevano previsto pioggia e temporali invece.......dopo il passaggio di qualche nuvola sole e vento abbastanza forte hanno preso il sopravvento, domani ritornerà il caldo afoso!!!

Sarebbe stato proprio un bel colpo di mano a chi lavora in campagna e tutta la vegetazione ne avrebbe tratto beneficio.
Sono oramai due mesi che non piove,  il vento rende tutto più arido e tutti più nervosi !!!