Di Paolo Veziano
Non è difficile immaginare come, a metà del 1800, il borgo di Isolabona dovesse essere completamente circondato da uliveti.
Oggi, degli uliveti che si affacciavano sul paese non si trova quasi più traccia, perché nel corso degli anni sono stati progressivamente sradicati per far posto alle più redditizie culture floricole e, più recentemente, a nuove aree residenziali.
Oggi la vegetazione ha completamente invaso i terreni coltivati e si è riappropriata degli spazi che un tempo gli furono tolti; qualche albero di olivo ridotto allo stato di scheletro, che emerge qua e là dalla macchia, ci ricorda l’enorme sforzo di colonizzazione compiuto dai contadini in quegli anni.
Le tracce più antiche dell’esistenza di frantoi a Isolabona si trovano documento Jura Magnifici Domini Dulciacque del 1523 che attribuisce ai marchesi Doria la proprietà dei frantoi di Isolabona e Apricale.
Tre secoli dopo la Contribution Fonciere assegnava a Giò Batta Doria la proprietà di «edifici, due a olio e tre a grano nel Merdanzo e due molini e due edifici a olio nel Nervia». Nel Catasto del 1831 i signori di Dolceacqua possedevano ancora due «edifizi a oglio e due a grano in regione Papeira e due edifizi a oglio e tre a grano in regione molini».
Sulla base di questi pochi, ma preziosi dati, non è impresa impossibile localizzare l’area in cui sorgevano. Il frantoio sul Merdanzo si è conservato fino ai nostri giorni. Nella condizione di imponente rudere si presenta oggi quello che sorgeva in «regione Papeira», nell’area che ospitava l’attiva e rinomata cartiera di proprietà dei marchesi Doria.
Allo stato attuale delle conoscenze, risulta impossibile datare e ancor meno descrivere lo sviluppo dell’imprenditoria privata del settore oleario. E’ plausibile che la nascita di nuovi frantoi sia avvenuta negli ultimi decenni dell’800, epoca che vide la cancellazione dei diritti feudali goduti per secoli dai Doria, tra i quali anche l’importante e assoluto monopolio delle acque.
Per questa ragione ci si limiterà ad elencare, di seguito, i frantoi che la memoria vuole attivi a Isolabona.
“Du Mariotu” (foglio16, particella 295 o/e 296, 297).
L’edificio sorge sulla sponda del torrente Merdanzo a pochi metri dalla sua confluenza con il torrente Nervia. Vi si accede dal centro storico percorrendo il tratto di via Orsini che porta al Merdanzo.
Si tratta quasi certamente di uno degli storici «edifizi» dei Doria menzionati nei documenti. E forse di quello stesso frantoio che fu acquistato nel 1864 dalla vicina Congregazione di Carità di S. Spirito che lo diede in affitto a Giuseppe Noaro fino al 1872.
Era dotato di due macine in pietra, una pressa idraulica, un lavatoio per la sansa e alcuni pozzetti di decantazione. La macina in pietra era azionata da una ruota in ferro alimentata da un beu (canale irriguo), che attingeva l’acqua dal rio Merdanzo, cinquecento metri circa a monte della sua confluenza nel torrente Nervia. Chiuso dagli anni Sessanta è stato venduto dai figli dell’ultimo frantoiano Eliseo Peitavino ed è, attualmente, in fase di ristrutturazione. Durante i lavori di adattamento ad abitazione privata, sono scomparsi i pozzetti di decantazione ed è stata rimossa quasi interamente l’attrezzatura del frantoio, così come i rottami della ruota in ferro.
“De Gè de Carlin” – (foglio 11, particella 272)
Il grande edificio è costruito sulla sponda del torrente Nervia, poco lontano dalla strada provinciale per Pigna, a circa duecento metri dal centro storico. Vi si accede percorrendo un breve viottolo che si imbocca sulla destra del santuario di Nostra Signora delle Grazie.
Potrebbe trattarsi di uno degli edifici di proprietà dei Doria, successivamente convertito in frantoio. Le scarse notizie disponibili tendono a collocare comunque l’inizio di questa attività verso la fine del 1800.
Era dotato di due macine in pietra azionate da una ruota in ferro, due presse idrauliche, un lavatoio per la sansa e numerosi pozzetti di decantazione. La ruota era alimentata da un beu che attingeva l’acqua sulla sponda sinistra del torrente Nervia, pochi metri a valle dell’edificio che ospita il frantoio “Franco”. Chiuso dagli anni Sessanta è stato venduto dagli eredi dell’ultimo frantoiano della famiglia Cavassa. E’ stato completamente ristrutturato e ospita, oggi, una abitazione privata. Durante i lavori sono scomparsi i pozzetti di decantazione e sono stati rimossi i rottami della ruota in ferro. Parte dell’attrezzatura è stata ricollocata nel giardino dell’edificio.
“Cooperativo Franco” – (foglio 11, particella 166)
Il frantoio si trova al piano interrato di un grande edificio costruito sulle sponde del torrente Nervia nel punto in cui vi confluisce il rio Permean. Il grande edificio che lo ospita, noto come “Cà bruscià” si trova a circa cinquecento metri dall’abitato di Isolabona, poco sotto la strada provinciale per Pigna, nei pressi della chiesetta di S. Antonio e del ristorante Adolfo.
Fu fondato per iniziativa di un gruppo di soci nel 1947.
E’dotato di due macine in pietra, due presse idrauliche, un separatore e numerosi pozzetti di decantazione. Le macine erano azionate da una ruota in ferro, alimentata da un beu che attingeva l’acqua sulla sponda sinistra del torrente Nervia, trecento metri circa a monte dell’edificio, all’altezza in cui il rio Rossi confluisce nel Nervia. Dagli anni Settanta il frantoio venne alimentato ad l’energia elettrica e sia il canale sia la ruota in ferro furono abbandonati. E’ chiuso dagli anni Novanta e si trova, oggi, in uno stato di evidente decadenza, ma è possibile visitarlo.
“de Censu” – (foglio 11, particella 153)
Il frantoio era ospitato al piano semi-interrato in un grande ed isolato edificio costruito sulla sponda del torrente Nervia. Si trova ai margini dell’abitato, ma in posizione centrale; è infatti visibile dal ponte che conduce nel centro storico. Vi si accede da via Molino o dall’area dei parcheggi e degli impianti sportivi.
E’ probabile che sia stato allestito nel luogo in cui sorgeva un molino costruito in epoca napoleonica, come indica chiaramente il nome della omonima via.
Era dotato di tre macine in pietra, tre presse, un lavatoio per la sansa e pozzetti di decantazione. Le macine in pietra erano azionate da una ruota in ferro alimentata dal lungo “beu del Ruau” che attingeva l’acqua sulla sponda destra del torrente Nervia, pochi metri a valle dell’edificio che ospita il frantoio “Franco”. Chiuso dagli anni Cinquanta è stato venduto dagli eredi dell’ultimo frantoiano ed è stato acquistato dalla famiglia Grillo che lo ha ristrutturato, trasformandolo in negozio con degustazione e vendita di prodotti tipici. Durante i lavori di ristrutturazione l’area in cui sorgevano i pozzetti è scomparsa, così come la grande e malconcia ruota che è stata sostituita con una più piccola e posticcia. Parte dell’attrezzatura originaria è esposta all’interno del locale.
Come spesso accade queste memoria sarebbero andate perse se Paolo non le avesse recuperate e trascritte.
Grazie Paolo.
mercoledì 1 aprile 2009
I frantoi storici di Isolabona
17 commenti:
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Ecco la memoria storica che si tramanda, fatti e misfatti che identificano una città, un popolo, una regione, una nazione. La storia vive!
RispondiEliminaBuona serata.
Rino, leggendo con piacere.
L'ulivo è un albero secolare,è un vero peccato che a Isolabona non ci siano più.
RispondiEliminaOltre che produrre il pregiato olio è anche simbolo di pace...
Buona serata!
@sirio, a Isolabona ce ne sono ancora e anche molti, ma meno rispetto agli anni che abbiamo preso in considerazione XVII e XVIII secolo.
RispondiEliminaSi produce ancora molto olio di ottima qualità, purtroppo o per fortuna la coltivazione produzione avviene solo a conduzione familiare.
Buona serata.
@rino, la storia deve vivere proprio con questi scritti, tramandando ai nostri figli l'identità di un luogo, proprio come mi insegni tu;)
RispondiEliminaRoberta, riconoscente.
non conosco la lunaria qui sotto, ma è così bella....mentre chiudo gli occhi e mi immagino un bosco di ulivi...mi sembra così pacifico.
RispondiEliminaun bacione
Più contino a leggere questo blog e più mi convinco che un forestiero possa conoscervi a fondo se ti legge.
RispondiEliminaBuona vita
Viviana
@lo, è proprio pacifico.....
RispondiElimina@viviana, è quello che voglio far conoscere il nostro borgo, perchè per me è bellissimo!!!
buona vita, roberta
Dovresti organizzare delle visite per appassionati e scolaresche con percorsi natura, castello, frantoi ...ciao roberta
RispondiElimina(organizza anche una serata...)
Un ringraziamento a Paolo veneziano per aver recuperato e trascritto le memorie storiche.
RispondiEliminaQuoto il commento di filo. E' una buona idea.
Baci
annarita
Grande Paolo...
RispondiEliminaOrmai lo sai, no? Io sono per le memorie storiche da preservare. E' importante non perdere le nostre radici. Bel lavoro.
RispondiEliminaSe la pioggia lo permette, in questi giorni fotograferò questi frantoi, anche l'interno della "socia".
RispondiEliminaI nostri genitori ne hanno passato delle ore in quel frantoio !!!!
Eliminanotizie interessanti, come sempre!!!
RispondiEliminaCara Roberta,quando ti dissi che Raggio poteva commentare ero in buona fede, in quanto avevo apposto il puntino sugli anonimi ma mi sono accorta ora che non l'avevo confermato.
RispondiEliminaOra è tutto com'era prima.
Un abbraccio.
Grazie Isolacometivorrei e grazie Paolo per avere salvato la memoria storica dei tuoi posti.
RispondiEliminaVale
bravi sia te che paolo è bello scoprire tante cose belle sul nostro paese
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