sabato 20 giugno 2009

Agrimonia eupatoria, erba merella.





Domenica scorsa è stata una giornata propizia per fare fotografie, nell'incolto vicino casa mia ho fatto parecchi scatti, vi ho già parlato delle Achilllee e della Sferoforia.

Oggi vi voglio parlare dell'Agrimonia eupatoria.


Dopo aver fatto le fotografie, le ho fatte vedere a mia suocera e a una sua amica, l' hanno subito  riconosciuta, è l'erba merella, mi hanno detto, quando eravamo bambine la raccoglievamo per farne una tisana.........
E adesso nessuno o quasi la riconosce, perchè nel corso di due generazioni si sono perse queste come altre informazioni di carattere naturalistico e storico?

 
Il Sig. Moreschi mi ha fatto avere la scheda aggiornata relativa a questa pianta, specie dall'apparenza insignificante, invece è ricca di principi medicinali sfruttati già dall'uomo preistorico..........continua a leggere.
[...]
L’Agrimonia eupatoria è forse stata una delle prime piante utilizzate dall’uomo  primitivo perché in molti depositi dell’età neolitica gli archeologi hanno ritrovato rilevanti quantità dei suoi frutti.
Se ancora si ignorano tutti gli scopi per i quali veniva raccolta dalle popolazioni preistoriche, abbondano invece i riscontri sugli utilizzi terapeutici affermatisi in epoche successive, in gran parte giunti sino ai nostri giorni.
Il suo scopritore, o meglio colui che ne ha lanciato le  proprietà terapeutiche, 64 anni prima della nascita di Cristo, è il celebre Mitridate Eupator, sovrano del Ponto.
Esperto riconosciuto nell’uso delle erbe medicinali è anche l’inventore della mitridatizzazione; ossia di quel metodo di autodifesa dai veleni, basato sull’assunzione progressiva di sostanze venefiche in dose minima per suscitare nell’organismo una difesa immunitaria.
Per questi motivi e per onorare la sua figura di coraggioso pioniere della ricerca, gli è stata dedicata dai botanici la specie principale del Genere Agrimonia anche se altri si dicono convinti di una derivazione da “hepatoria”, perchè creduta utile nelle malattie del fegato.
Quanto alla denominazione di Genere molti propendono per la derivazione dal nome dell'Argemone, una specie di Papavero usato nell'antichità contro un particolare mal d'occhi detto "arghema" ossia "cataratta dell’occhio".
ltri etimologi avanzano l'ipotesi di una più banale spiegazione accostandola a due termini che combinati significano “fiore di campo”.  
I medici dell’epoca romana non mancarono di servirsi dell’Agrimonia per curare le malattie del fegato, per rivitalizzare la memoria, cicatrizzare le ferite. La usarono anche quale antidoto contro sostanze velenose, pur rimanendo dubbiosi sulla sua efficacia terapeutica per le affezioni più gravi degli occhi.
Plinio ne riferisce i benefici effetti illustrandola così: ”Anche l’Eupatoria ha il patrocinio di un re. Il gambo è legnoso, nerastro, peloso, alto un cubito e talvolta di più. Il seme, preso in pozione  nel vino, è una risorsa straordinaria in caso di dissenteria”.
Nel descrivere quando, come e dove procurarsela Plinio non manca neppure di indicare il rituale dell’operazione: ”Mentre la si svelle, bisogna pronunciare la frase: Questa è l’erba Argemon che Minerva scoprì come farmaco osservando le guarigioni dei maiali che l’avevano mangiata”.

Il suo uso terapeutico è stato praticamente ininterrotto ed anche il celebre naturalista inglese John Parkinson, nel suo Theatrum Botanicum del 1640, dopo averne decantato le caratteristiche,  giunge ad affermare: “con esse si cura soprattutto il fegato e le farmacie dei nostri paesi, principalmente quelle di Londra, fanno uso di questa prima specie di Agrimonia”.  
Nelle bisacce dei soldati del XVI° secolo non mancava mai una bottiglietta di "Eau d’arquebusade" a base di Agrimonia ed altre erbe che serviva per curare immediatamente le ferite d’archibugio.
Al di là di qualche immancabile bizzarro utilizzo del passato, ancora oggi sono confermati i poteri astringenti e vulnerari scoperti da Mitridate duemila anni or sono; si sono riscontrati risultati positivi nella cura delle malattie croniche del fegato, negli ingorghi viscerali, nell’itterizia e persino nell’idropisia. Anche nelle affezioni del cavo faringeo, i gargarismi hanno risolto molte situazioni disperate, soprattutto nelle specifiche infiammazioni dovute allo sforzo dei cantanti o dei predicatori, benché lo specifico più affermato resti l' "Erba dei cantori", ossia il Sisymbrium officinale.
La dose per la preparazione del famoso decotto prevede 100 gr. di Agrimonia secca fatta bollire in un litro d’acqua e ridotta di 1\3, a cui vanno aggiunti 50 gr. di miele rosato o zucchero. La stessa bevanda, senza miele, è un ottimo prodotto per pediluvi perché elimina la stanchezza ed i gonfiori alle estremità; applicata direttamente sugli arti facilita la guarigione di lussazioni e distorsioni. 
Un'altra celebre tisana a base di Agrimonia, da sperimentare allo scopo di contrastare le difficoltà di digestione o l’insufficienza epatica si chiama "The dei boschi" o "Te del Nord", molto diffuso nei Paesi  dell’Est europeo. La sua versione veterinaria era e continua ad essere il beverone tradizionale preparato in grandi bacili dai cosacchi che viene ancora oggi somministrato ai cavalli per preservarli da noiose infestazioni intestinali di parassiti.
L’azione medicinale dell’Agrimonia eupatoria è dovuta alle molte  sostanze presenti in tutte le parti della pianta: olio etereo, una sostanza amara, eupatorina, acidi organici (salicilico, nicotinico, ascorbico, citrico, malico, palmitico, stearico, oleico, cerilico, ursolico), vitamina K, B1, quercitrina, tannini, fitosterina, alfa-almirina. Segnatamente al contenuto di acido ursolico, un principio dagli effetti analoghi a quelli ottenuti con il cortisone, si segnalano effetti positivi nela cura delle allergie. Inoltre, nelle radici fresche, è stata isolata una sostanza amara, chiamata agrimonolide che  scompare con l'essiccazione.
La parte della pianta generalmente usata sono le cime fiorite. La sua radice rizomatosa pestata e macerata permette di ricavare un colore oro usato per tingere i capelli: una tinta simile a quello dei piccoli fiori gialli che ricoprono le esili spighe, in grado di attirare le api perché emanano un delicatissimo profumo di albicocca.
L'Agrimonia eupatoria, non solo alfabeticamente, primeggia nel gruppo dei "12 fiori guaritori di Bach" , specificamente indicata per chi nasconda ansia ed inquietudine dietro ad un comportamento improntato a gaiezza e cortesia forzosa; questo, almeno sostengono i patiti di fioriterapia.
Per facilitare la propagazione dei suoi semi l’Agrimonia ha prodotto una corona di uncini sulla sommità del frutto, utili per attaccarsi al vello degli animali e viaggiare gratuitamente verso altri territori. Le sue virtù curative l’ hanno imposta come simbolo della salvezza ed augurio di pronta guarigione: questo auspicio si esprimeva portandone agli ammalati un mazzo fiorito.
Lo strano frutto dell'Agrimonia è un achenio  che si sviluppa all'ascella di una brattea divisa in 5 lacinie, l'achenio porta nella metà superiore un anello di aculei uncinati.

Le Agrimonia sono in tutto una decina di specie, due delle quali vivono in Italia e nella nostra regione. Ad esse va aggiunta una ex, oggi denominata Aremonia.   Appartengono alla famiglia delle Rosacee, sono perenni e villose, con fusti eretti, foglie imparipennate o lobate con foglioline dentellate; i piccioli sono auricolati alla base da stipole connate. I fiori gialli sono in racemo terminale a forma di spiga. L’Aremonia ha foglie radicali lungamente picciolate, le cauline ternate a picciolo breve, le stipole intere o bifide, il corimbo con pochi fiori.

Agrimonia eupatoria L. (V-VII, vive luoghi selvatici erbosi sino ai 1500 m.) Ha un rizoma obliquo; è irsuta con peli di diverse lunghezze, fusto eretto semplice alto sino ad 1 m. Le foglie  imparipennate o lobate con foglioline oblunghe o lanceolate a margine dentellato hanno la pagina inferiore più chiara. I fiori sono gialli, hanno 5 petali obovati conniventi e sono portati in racemo terminale a forma di spiga. Il frutto con 2 acheni ha setole uncinate alla sommità  
Aremonia agrimonioides DC. (Sin.Agrimonia agrimonioides L. V-VI, vive soprattutto nelle faggete sino ai 1500 m.).  Ha un rizoma legnoso consistente, foglie basali in rosetta e fusti erbacei ascendenti di 20 cm. Le foglie sono imparipennate con segmenti ovoidi ineguali a margine dentellato. I fiori, portati corimbo lasso, sono gialli, hanno 5 petali spatolati,. Il frutto è tondeggiante.


Come raccoglierle e coltivarle  

Come per tutte le specie spontanee molto diffuse non si danneggia il patrimonio vegetale e non risulta difficoltoso prelevare direttamente i semi o dissotterrare un rizoma durante il periodo di riposo. 
I semi presenti sono posti lungo le spighe nei caratteristici acheni divenuti marroni alla maturazione un paio di mesi dopo la fioritura. Le semine ed i trapianti dei rizomi si fanno direttamente a dimora in una zona fresca ed umida  su terreno sciolto e nutriente in autunno.   [...]



Auguro a tutti i miei lettori un buon fine settima, Roberta.






 

2 commenti:

  1. Una ulteriore conferma che gli antichi sapevano come curarsi. Grazie per le informazioni e buona domenica anche a te!

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  2. ecco un altro argomento interessante! Verifico se l'erba merella cresce anche dalle mie parti..Buona domenica!

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