lunedì 21 dicembre 2009

Tradizioni natalizie nuove e.....vecchie.




Questi giorni di festa ci trasmettono euforia.
In quasi tutti i paesi della valle si svolgono manifestazioni per trascorrere in allegria e in compagnia queste giornate di festa.
A Isolabona si sono già tenute due serate dedicate agli "Antichi Mestieri", manifestazione giunta al suo decimo anno di vita, purtroppo la neve e il freddo intenso di questi giorni hanno contribuito a rendere la manifestazione visitata da un numero di persone inferiore rispetto agli anni precedenti, comunque, lo spettacolo che hanno potuto ammirare, chi non si è fatto scoraggiare e ha sfidato il freddo di queste sere, è stato molto bello.
Come per gli anni precedenti, anche quest'anno gli ambienti riprodotti sono stati curati nei minimi particolari.
Nella sala dedicata alla Cubaita di Isolabona, che ha ottenuto la DE.CO da poche settimane, sono stati allestiti dei pannelli tratti dai miei post, un riassunto della vita paesana, dei territori, della storia e della vita quotidiana, un modo di dare informazioni sul nostro Borgo.
Mi è stato detto che parecchie persone si sono soffermate a leggere, sono contenta, lo ritengo un punto di partenza.


E un tempo come si svolgevano i festeggiamenti a Isolabona?

Ho trovato un paragrafo nella tesi di Maria Luisa Saettone del 1955, testimonianze raccolte nel paese, da queste possiamo fare una analisi tra quelle che sono tuttora in uso e quelle no.
Leggerete del grano di Natale, un piatto che purtroppo non si usa più cucinare, piatto però che è rimasto nell'usanza culinaria di Pigna, loro lo chiamano il Gran pistau, ottimo e squisito.
Il fuoco lo facciamo ancora e già da sabato sera è acceso...



E voi cari lettori avete memoria di tradizioni che si sono perse?

Da "Sotto la torre dei Doria"
di Maria Luisa Saettone
anno 1955

Lo spirito religioso ancora oggi presente nelle manifestazioni legate a particolari culti si è, invece, andato lentamente affievolendo in quelle manifestazioni esteriori che un tempo facevano da corollario al primo. Ad ogni festa era collegato qualche spettacolo che variava da paese a paese, e che a lungo andare si focalizzò in uno solo e fu tramandato di generazione in generazione senza che nulla venisse mutato.
Dopo l'ultimo conflitto alcune di queste funzioni sono state abbandonate; altre hanno vissuto saltuariamente per poi cedere al progresso che tende a livellare ogni cosa.
Iniziando dalla festa per eccellenza, il Natale, ancora in vita è l'uso di fare il presepe, di addobbare l'albero (oggi in plastica, un tempo prelevato, dopo ore di cammino, nei boschi di Langan o au Passu du rebissu (Passo dell'usignuolo) non con le moderne palle colorate e fili argentati o puntali dorati, ma con caramelle, cioccolatini, mandarini, aranci, noci, ...
La vigilia era contrassegnata da una cena a base di stoccafisso bollito con patate e frittelle di baccalà. Altri invece, scrive Stefano Rebaudi in Monografia di Imperia, consumavano u grän de Natäle e così spiegava: "Il Dio di amore, di misericordia, il quale nasce per redimere l'umanità, non può essere più degnamente glorificato dal lavoratore dei campi, che con l'offerta ed il sacrificio del grano, il prodotto più nobile ed eletto della terra, l'alma mater, madre amorosa e soavissima."
"Ed ecco quali sono le modalità, che informano il rito natalizio del grano... Il 'grano di Natale' per essere reso commestibile dev'esser liberato dalla crusca o cruschello; occorre perciò sia sottoposto ad una operazione di pilatura, di brillatura, di imbianchimento... che viene condotta durante il pomeriggio della vigilia."
Per l'operazione occorreva: "un mortaio ed un pestello di grandi dimensioni, costruiti grossolanamente in paese, utilizzando legno durissimo di sorgo o di castagno: istrumenti che si trasmettono in eredità di padre in figlio. Il mortaio (denominato 'broeglia') di rozze fattezze, scavato in un tronco d'albero, presenta suppergiù le seguenti dimensioni: altezza 38 centm.; massima larghezza in alto 36 centm.; profondità del cavo interno 22 centm.; spessore delle pareti 4 centm.. Il pestello, denominato in dialetto "pistun" che misura in altezza centm. 20 circa ed è munito di un manico pure in legno della lunghezza di 60 centm. circa, può avere due forme. Nella forma più comune, costituita da due pezzi, il manico si innesta ad angolo retto entro l'impugnatura del pestello; nella forma meno frequente, pestello e manico sono costruiti in un unico ramo d'albero opportunamente scelto per la bisogna."
"Nel pomeriggio della vigilia, per solito, uno degli uomini di casa, si siede sui gradini o sulla soglia dell'abitazione e quivi disposto il mortaio che riempie di grano grezzo, col pestello impugnato per il manico a due mani, inizia l'operazione di pilatura, che a colpi cadenzati vien condotta sino a che i chicchi siano lucidi, bianchi, splendenti ossia siano spogli della cuticola. Il grano viene frequentemente spruzzato con acqua calda, e per liberarlo man mano della crusca che si stacca e seguirne il grado di imbianchimento, l'operatore ne solleva dal mortaio delle manciate su cui soffia con forza. Il mortaio sarà riempito parecchie volte, sino a che si raggiunga il quantitativo necessario ai bisogni della famiglia. Il grano sopporta una bollitura piuttosto prolungata in abbondante acqua cui si è aggiunto sale, della cotica di maiale e qualche pezzo di carne magra di agnello. Al ritorno dalla messa di mezzanotte, riscontrato il grado della cottura del grano (deve essere molto rigonfio ma non spappolato) si toglie da fuoco e, dopo aver posto in serbo la quantità da consumarsi nei giorni successivi, si passa alla confezione della vivanda. Viene scodellato in un gran piatto profondo di terra gialla a fiorami, ove si condisce con un soffritto all'olio a base di porro: ortaggio che si coltiva quasi esclusivamente per aromatizzare il grano di Natale, cui dona un profumo e un sapore appetitosissimi. Il gran piatto è deposto nel centro della tavola e da questo tutti i commensali pescano col rispettivo cucchiaio il grano benedetto del Santo Natale." (p. 255)
Purtroppo la tradizione è completamente scomparsa. Oltre all'accurata descrizione del Rebaudi, ho raccolto una sola testimonianza in paese da una donna ultranovantenne.
Sempre nella notte di Natale viene acceso un grande falò in mezzo alla piazza, dove nei giorni precedenti i ragazzi, passando di porta in porta, chiedendo "Pe u fögu du Bambin däine di ciüchi e di bigliui" (Per il falò di Natale dateci ceppi e tronchi), hanno ammucchiato una grossa catasta. Il fuoco veniva appiccato al momento del Gloria e durava tutta la notte.
Un tempo alla messa di mezzanotte partecipavano pure i pastori avvolti in ampi mantelli, con fasce alle gambe, grossi scarponi e un cappello a punta coperto di fronzoli. Il più anziano portava tra le braccia un agnellino, l'ultimo nato.

10 commenti:

  1. Ciao Roberta( comunicazione di servizio)
    ricordati di mandare un pezzo per Emilia.
    Ti invio un mondo di auguri a te e alla tua famiglia, sopratutto al tuo bellissimo pulcino.

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  2. Il mondo corre sempre più veloce e le tradizioni restano indietro... E' bello che ci sia qualcuno a ricordarle!

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  3. Quanto mi piacciono le tradizioni!
    Anche da me in questo periodo se ne celebra qualcuna, ed è un piacere assistervi. Tempo permettendo!

    Ciao Rob, buona giornata!

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  4. probabilmente non riuscirò più a passare nei prossimi giorni, quindi, BUON NATALE

    ^______________^

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  5. forse Castelvittorio è l'unico paese della vallata in cui non si accende il fuoco per scaldare Gesù Bambino... a Rocchetta il fuoco dura dalla vigilia di Natale fino all'Epifania. la tradizione viene mantenuta...per fortuna!

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  6. Roberta, Buon Natale!:O) Che sia come tu lo desideri......a presto.

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  7. Roberta le tue storie sono sempre affascinanti.
    I racconti delle tue tradizioni, che poi sono simili in tutta Italia, sono sempre stimolanti. E' giusto che non vengano dimenticate.
    Auguri, Auguri, Auguri.
    Vale

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  8. Nel Salento, mia terra di origine, si usa accendere ancora il falò il 24 a sera. Il fuoco rimane acceso per tutta la notte per riscaldare il Santo Bambino. E poi i vari presepi viventi, e quelli artistici di cartapesta. Le tradizioni che resistono, incluse quelle culinarie, sono tante e affondano le loro radici nella notte dei tempi.

    Ti auguro di trascorrere un Sereno Natale e delle riposanti festività insieme ai tuoi cari.

    Un salutone
    annarita

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  9. Buone Feste a tutti ed un ringraziamento particolare agli organizzatori della manifestazione "Antichi Mestieri"

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